Amazzonia

L’Amazzonia, ossia la foresta pluviale (pioggia) tropicale del Sud America è probabilmente uno dei fattori chiave che può risolvere il terribile e crescente surriscaldamento terrestre. Il suo vasto territorio (supera i 7 milioni di km) è stato preso in considerazione per molto tempo, forse lo è tuttora, come una alternativa valida per la raccolta di legname pregiato, per la creazione di campi coltivati, con lo scopo di sviluppare in seguito l’agricoltura e risolvere la crisi alimentare mondiale. Il futuro della salute della Terra dipende molto da come verrà difesa l’Amazzonia, calcolando che se si persistesse nella pratica della deforestazione si rilascerebbe nell’atmosfera circa 50 mila milioni di tonnellate di carbonio l’anno, dannoso per gli esseri viventi. La deforestazione dell’Amazzonia è cominciata negli Anni Quaranta, quando la foresta veniva considerata soltanto ai fini delle risorse minerarie e forestali da sfruttare. Però, negli Anni Sessanta la foresta dell’Amazzonia era ancora intatta, con l’inizio dei sviluppi industriali più avanzati e la formazione di coltivazioni sviluppate (soia e pascoli), tutto si è molto aggravato perchè il 16% del territorio amazzonico brasiliano è stato privato di alberi. Negli ultimi 10 anni la situazione si è capovolta infatti, consapevoli dell’immenso patrimonio che c’è a portata di mano e che rischia di sparire nel nulla, si sono attuate nuove politiche per salvare l’Amazzonia. Il Brasile nei primi anni del 2000 effettuò il ” Piano di Azione ” per la prevenzione e il controllo della deforestazione amazzonica che comportò nel 2004 – 2005 una diminuzione del disboscamento pari al 31%. In seguito con la ” Legge di gestione dei boschi pubblici “, si è intensificato un controllo da parte di alcuni organismi ambientali a favore di una produzione sostenibile riguardanti queste aree.