Di DAD e deliri annessi

Si lo ammetto: quando Draghi ha detto che ci riapriva le scuole ho sciabolato una magnum di Dom Perignon e fatto partire la playlist di capodanno.

Perché la tecnologia è una bellissima cosa, ma non per tutti e la DAD non fa eccezione.

Partiamo dal presupposto che in un paese in cui si fanno petizioni contro il 5g e si distruggono le antenne preposte a diffonderlo (ma ci piace tanto guardare le cose in streaming e bestemmiamo forte se ci si impalla Netflix), non possiamo che partire male.

E tralascio il discorso del wi-fi libero e funzionante in giro per i centri abitati perché al solito sto scrivendo in orari improponibili e rischio di addormentarmi da un momento all’altro.

Parto quindi così con le considerazioni (non richieste, lo so) mie e delle mie compagne di avventura, tratte alla fine di questo percorso ricco di emozioni e anatemi.

La tecnologia non è per tutti.

E non lo dico pensando a chi ancora non sa far partire una videochiamata su whatsapp (ma tranquilli, a quello ci arrivo dopo), parlo proprio di infrastrutture.

Si pensa che ormai tutti viaggino a contratti con linee superveloci e macininino decine e decine di giga alla settimana, passando sui devices la metà del proprio tempo. E però non è mica così.
Queste famiglie mi ricordano costantemente che, se eliminassi le attività inutili quali i social e i servizi di streaming, potrei vivere serenamente con pochi giga al mese.

“Oddio! E Netflix? E i gamer di youtube? E le sfide su TikTok? Cosa fanno mai sti bambini?”.
Niente, accendono la tv, aprono un libro, disegnano, giocano con aggeggi vintage tipo le action figure e si, sicuramente cacheranno un sacco il cazzo ai loro genitori.

Io credo che ne morirei, ma oh, ognuno ha il diritto di vivere come gli pare.

Quindi, alla conclusione del primo giorno in DAD, un pensiero è andato ai valorosi che facevano a meno dei centordici giga al mese e che, chiusa classroom, son corsi a prendere il primo tablet a buon prezzo e cambiare piano tariffario (finendo tutti in coda nei soliti punti vendita).

Giudizio: 10 e lode ai genitori, 4- ai gestori di telefonia mobile italiani.

La tecnologia non è per tutti – a meno che non si debba condividere gif di gattini.

Ci sono persone che, come mia suocera, vivono serenamente con un vecchio Nokia, le telefonate e gli sms.

Mia suocera, tuttavia, ha la sua età e vivaddio non sente l’esigenza di andare su Facebook a litigare per come hanno risistemato le aiuole della stazione sul gruppo facebook della città.

Eppure scommetto che se i propri figli fossero andati in DAD, una trentina di anni fa, avrebbe fatto l’unica cosa possibile per evitare di far saltare loro le lezioni: pazienza, intuito e istruzioni alla mano, si sarebbe connessa.

Soprattutto, se si è in grado di passare del tempo a condividere gattini e buongiornissimi, o di videochiamare i parenti per strada urlando i cazzi propri a tutti, capire come cliccare su un link per far partire una video lezione non mi sembra così difficile.

E invece no.

Microfoni che boh, non si riescono a smutare, “non mi sono connessa perché non ho capito su cosa devo cliccare”, “eh ma cosa vuol dire che devo farmi un account?”, “password? Cos’è? Mi date un suggerimento per una valida? Cosa scrivo? Avete idee?” e altre cose che al momento non mi sovvengono.

giudizio: l’allievo potrebbe fare di meglio ma non si applica.

Maestra ti vedo frizzata.

Giuro, io ero rimasta al “bloccato”. Invece i pargoli mi hanno aggiornata al volo dato che, grazie alle linee telefoniche (specie quelle che spendono milioni in spot con gente famosa ma poi hanno infrastrutture che fanno cagarissimo) ogni due per tre qualcuno restava frizzato sullo schermo.

Per non dire di quando la linea cade proprio e allora piovono sullo schermo gli avvisi “tizio è entrato”, “tizio è uscito”. A mio figlio interessavano tantissimo ma, a ben vedere, interessava qualsiasi parte della schermata fuorché la finestra della maestra.

Concludo coi pianti dei bimbi che, causa linee del terzo mondo, si perdevano parte della lezione, restavano indietro, non capivano e si facevano salire l’ansia. E mi sono commossa anche io quando ho visto la maestra che si pigliava male e rassicurava i suoi alunni che avrebbero scritto loro tutto quello che si erano persi.

giudizio: 10 e lode alle insegnanti.

Mo’ ve li brucio sti microfoni.

La linea fortunatamente regge, si sente e si vede bene tutto così la maestra parte in scioltezza con la sua spiegazione.

MA.

In sottofondo un aspirapolvere.
Un martello pneumatico.
Bambini piccoli che stanno facendo un rave in salotto.
Adolescenti che sacramentano su fortnite.
Allievi che fanno considerazioni sulle proprie matite.
Mamme che stanno urlando ai propri coniugi di aprire la finestra del bagno.

Ed è subito bestemmia.

Alla prima settimana lo concedo: non abbiamo ancora sviluppato bene la coordinazione orecchio-dito in modo che, quando la maestra chiama il proprio pargolo, attiviamo il microfono lo facciamo parlare giusto per rispondere e spegnamo per evitare di sentire, attraverso le casse del proprio computer, il casino di una classe di venti o più bambini.

Alla seconda ci sta che ogni tanto qualcuno se lo dimentichi o che i piccoli figli di Satana si accendano e spengano il microfono in autonomia per poter annunciare a tutta la classe che papà ha scoreggiato fortissimo.

Alla terza si evince chiaramente chi non ha afferrato ancora la questione e si prova con le minacce in chat. So che non è educativo ma all’ultimo giorno di DAD da noi non è più volata una mosca.

giudizio: 6–, salvati proprio per il rotto della cuffia

I nonni, i veri eroi della DAD

Se c’è una categoria a cui voglio assegnare una medaglia al valore è senz’altro quella dei nonni che, raggiunta l’età della pensione, vengono presi di forza e costretti ad avere a che fare con tutto sto marasma tecnologico-educativo.

Io me li vedo che, verso le undici, buttano un occhio ai nipotini , girano il sugo e tac, mestolata in testa se non stanno seguendo. Ogni tanto li ho anche sentiti in preda allo sclero, in dialetto, a domandarsi come cavolo funzioni il “coso” (credo intendessero il tablet).

A loro concedo ogni errore perché pure io, fossi mai costretta nel mio salotto con una masnada di nipoti attaccati ai loro tablet/smartphone, al terzo “maestraaaaa, sono rimasto indietrooooo” alzerei le mani e mi ritirerei nello sgabuzzino con la mia settimana enigmistica (e un jack daniels).

giudizio: 10 e lode e pacca sulla spalla

In conclusione, la Dad non è scuola

Chi ci dice che ci lamentiamo troppo, che sti bambini hanno sempre in mano il tablet o lo smartphone e che sarà mai, che se invochiamo la riapertura delle scuole è perché non vogliamo stare coi nostri figli, evidentemente un pargolo non ce l’ha.

E se anche ce l’avesse, probabilmente ha una tata o i nonni reperibili h24.

Ma al di là di chi si incastra lavoro, lezioni a distanza e qualsiasi altro sclero, la Dad non può sostituire la scuola come un computer non può sostituire un ciao, un vicino di banco, una corsa nel cortile coi propri compagni, la maestra che gira tra i banchi e ti recupera se sei indietro, quelle occhiate che ci si dà per ridacchiare di nascosto per una cosa buffa… e tante altre cose che capitano a scuola, quando si è insieme, in quel primo spazio di indipendenza in cui sti bimbi imparano a vivere.

Di Dad e deliri annessi

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.