BHAGAVAD GITA

Quello stato che, una volta realizzato, lo yogi considera come il tesoro piú prezioso di tutti; lo stato in cui egli é immune da ogni sofferenza. Quello stato libero dal dolore é chiamato yoga. Perció la pratica dello yoga dev’essere fatta con determinazione e col cuore intrepido”.

Lo scopo dello yoga é quello di fornire un mezzo pratico per unire l’ego identificato al corpo (la pseudo-anima) con la vera anima identificata allo Spirito. Yoga significa anche completa unione dell’anima con lo Spirito, la Sorgente dalla quale é stata emanata.

Questi versi ingiungono ad ogni aspirante spirituale di praticare lo yoga non in uno stato mentale depresso o astratto, ma con grande entusiasmo e perseveranza. Egli deve cercare di unire l’ego all’anima e l’anima allo Spirito, finché non raggiunge la beatitudine finale nella quale l’anima non potrá piú essere separata dallo Spirito. I semi delle buone e delle cattive azioni passate che causano la reincarnazione sono bruciati per sempre nel fuoco onniconsumante della saggezza finale.

É impossibile ottenere soddisfazione praticando i metodi yoga in maniera saltuaria. Ogni yogi deve cercare di fare gioiosamente la sua meditazione quotidiana piú profonda di quella del giorno precedente; e la sua pratica di domani dev’essere sempre piú profonda di quella di oggi. Inoltre, non deve ritenersi soddisfatto praticando la meditazione profonda per uno o due anni, ma deve fare yoga sempre con maggiore intensitá fino al termine della sua vita e, se necessario, per incarnazioni. É meglio cercare di liberarsi in una vita, o in poche vite, piuttosto che subire la sofferenza di migliaia di incarnazioni per mancanza di continuitá nello sforzo per la salvezza. Lo yogi che non é determinato a meditare finché non raggiunge l’emancipazione finale (rimuovendo tutti i semi del karma depositati nel subcosciente) é soggetto allo scoraggiamento e ad abbanddonare la sua pratica yoga perché non ha realizzato rapidamente lo stato finale. Tuttavia lo yogi deve meditare intensamente, senza concentrarsi sui frutti delle sue azioni. La seguente storia infonderá coraggio agli yogi laboriosi scoraggiati.

Un uomo piantó nel suo giardino il seme di un fiore. Se ne prendeva cura, ripulendo e annaffiando costantemente il terreno intorno. Apparve una pianta robusta, ma per anni non spuntó il fiore. Quindi decise di distruggere la pianta, ma infine pensó: “Il mio compito é prendermi cura della pianta, sta a Dio produrre il fiore. Mi impegneró a curare la pianta, senza concentrarmi sul fiore”. Passarono gli anni. S’accontentó di prendersi cura della pianta e si dimenticó completamente del fiore. Una mattina soleggiata sentí un profumo meraviglioso. Si precipitó dalla pianta e rimase stupefatto dalla gioia: di fronte a lui c’era un magnifico fiore!

Lo yogi deve similmente impegnarsi a coltivare la pianta della sua Autorealizzazione e, se non sará impaziente, un giorno – quando nella Sua infinita saggezza Dio lo riterrá giusto _ troverá il fiore imperituro della libertá eterna.

Abbandonando senza riserva tutti i desideri nati dai pensieri-immaginazione, e controllando completamente – solo con la mente – tutti i sensi dai contatti con gli onnipresenti oggetti materiali”.

Per raggiungere il santuario interiore di Dio, lo yogi deve rivolgere la sua attenzione all’interno per non farsi prendere dai banditi delle sensazioni esterne o dai fortissimi briganti degli irresistibili desideri che si nascondono lungo il sentiero della concentrazione.

Mentre medita su Dio, lo yogi non deve distrarre la sua attenzione immaginando e progettando mentalmente attivitá materiali. Egli deve rinunciare senza riserva a tutti i desideri che nascono dall’immaginazione mentale egoica; deve svuotare tutti i desideri subcoscienti che ha dentro. La sua mente dev’essere ritirata dagli oggetti materiali che gli stanno intorno e che danno vita alle sensazioni di vista, udito, odorato, tatto e gusto, e ai molteplici pensieri e nuovi desideri che ne derivano.

Perció durante la meditazione tutti gli yogi principianti devono chiudere gli occhi e interrompere ogni visione distraente. Inoltre é bene per loro meditare con le orecchie chiuse. Questa precauzione aiuta ad eliminare i suoni, le piú distraenti di tutte le sensazioni. Lo yogi deve pure fare attenzione a non meditare in un luogo troppo caldo o freddo, o pervaso da buoni o cattivi odori, perché non siano stimolati i sensi del tatto o dell’olfatto. Né deve mettere in bocca spezie o gomme da masticare per stimolare la sensazione del gusto, che a sua volta sarebbe causa di distrazione mentale. Quando i sensi sono calmi, le sensazioni non si destano, i pensieri turbati non sorgono. Se i pensieri non sorgono, i pensieri subcoscienti non saltano fuori. Lo yogi attento a rimuovere tutte le cause di disturbo esterno ed interno puó facilmente concentrarsi dentro.

Non importa quante volte la mente dello yogi sia distratta durante la meditazione, egli deve esercitare grande pazienza; col continuo sforzo quotidiano, riuscirá a stabilire la sua mente nella gioia dell’anima.

Il devoto potrebbe scoraggiarsi, ricevendo solo occasionali percezioni beate, interrotte costantemente da feroci invasioni di pensieri agitati. Per questo lo yogi é esortato a provare continuamente, con pazienza, finché non sia fermamente in grado di fissare la sua concentrazione sulla sua Méta interiore.

AHÓ