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Sono un po’ matta, lo ammetto!

Mi vien da ridere! Ai giorni nostri, dove è più facile conoscersi per chat che di persona, dove la comunicazione scritta – che è un’arte per chi la sa usare – deve tradurre anche gli stati d’animo e le intonazioni della voce, il mio modo di pormi, il mio essere “divertito” e curioso nei confronti della vita, mi porta immancabilmente ad essere classificata come “un po’ matta”.

La mia risposta fissa è “sì lo sono”. Ma sinceramente mi chiedo: matta rispetto a chi? E mi verrebbe da dire: “e non mi hai ancora vista!” Ahahahah! Che se mi vedi, se butti un occhio ai miei cappelli, alle mie scarpe alle mie borse, probabilmente mi fai rinchiudere subito!

Oh santi numi! Ma possibile che vada sempre di moda il grigio, lo standard, il mediocre, il cosiddetto “normale”? Io proprio non riesco a stare nei parametri, nei limiti, io adoro tutto quello che è un po’ sopra le righe (senza esagerare), quello che osa essere diverso, che non si conforma, perché ci vuol carattere, coraggio per stare fuori dal branco.

Finché sei più giovane o cerchi l’approvazione o ti butti sulla ribellione più estrema, sulla provocazione, ma psicologicamente non sai ancora bene chi sei, resti agitato nell’animo. Gli anni che passano ti fanno questo bellissimo regalo: fai pace con te stesso, cominci a piacerti, cominci a divertirti proprio ad essere chi sei.

Ecco, io sono “strana”. Esuberante come un’adolescente, appassionata alla vita, curiosa di conoscere persone, esperienze, mondi e realtà diversi dalla mia. Quindi sono “pazza”?. Effettivamente sono inquieta, sempre convinta di avere un sacco di cose da imparare, da vivere e con una piccola crescente ansia che il mio tempo a disposizione sia effettivamente sempre meno.

La verità è anche che ho conosciuto il grande male della depressione, quella che ti cambia non solo l’animo, ma anche l’espressione. Tanti anni di stare male, alternati a momenti in cui riprendevo in mano la vita ed il piacere di stare al mondo, aggrappandomi come una naufraga. Sindrome bipolare. Oggi argomento abbastanza noto, ma arrivare a capire cosa avevo e come curarmi è stato un percorso di tanti anni. I bipolari sono creature fortunate, in antichità veniva definita la malattia degli dei. Possiamo vivere nel più buio dei tunnel per mesi cercando solo il coraggio di farla finita e poi volare altissimi, molto più dei “normali”, perché quando stiamo bene il nostro cervello funziona al doppio dei giri. La patologia colpisce per lo più individui ad alto quoziente intellettivo e menti decisamente creative (lo dicono le ricerche, non io). Vincent Van Gogh, Richard Wagner, Beethoven, Tolstoy, Gustav Mahler, Baudelaire, Napoleone Bonaparte, Winston Churchill, Giacomo Leopardi, Ernest Hemingway, Kurt Cobain, Jimi Hendrix, Sting, Vittorio Gassman, Robin Williams erano tutti bipolari e purtroppo per loro, molti sono morti suicidi proprio a causa della sindrome e delle mancanza di cure.

Questo lo dico soprattutto per chi vive questo stato e non sa ancora come uscirne. Se ne esce! Ma bisogna curarsi in modo costante, senza mollare mai. Perché non si guarisce, ma si vive!

Quindi, sono “pazza” nella forma e nella sostanza. Tante volte avrei preferito avere un altro male piuttosto che questo che mi ha fatto tanto soffrire. Ma ho sempre trovato che anche questa sindrome fosse perfetta per me, mi si addicesse molto!

Quindi io sorrido, rido, mi diverto, esagero un po’, perché non c’è niente di meglio che stare bene e godersi la vita, niente di meglio!

Un grazie di cuore al Dr. Fabio Vercesi che mi ha rimesso al mondo, alla mia amica e Psicoterapeuta Daniela Santabbondio che mi ha dato la motivazione giusta per intraprendere la cura che mi ha salvata e a mio marito Oreste che ha dovuto sopportarmi su e giù per le montagne russe.

Se qualcuno avesse bisogno di maggiori informazioni, contattatemi pure in privato.

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