La parte più bella di me sei te…

nonno e nipote 1

Sarà che fuori piove, sarà questo silenzio, l’odore di terra bagnata le tue viti rinate, ma chiudo la porta di casa e ti sento qui. Sono seduta davanti alla finestra, vedo gli alberi fioriti lasciarsi cullare dal vento, la vigna allineata in attesa di nuova vita, che si lascia crescere, avida di rugiada, avida di nuovi soli. E mi rivedo piccola a passarci accanto, a fare lo slalom incespicando con i miei piedini incerti, e la tua mano con me.
Nonno.
Avevo timore di vivere qui, di lasciare il mare e la casa dove mi hai cresciuto. Credevo che andandomene da lì avrei lasciato anche una parte di me, la parte di me bambina, con i nostri giochi e le tue storie, le serate a mangiare gelati lungo il porto, con i pescatori, su quella bici con te che pedalavi e io così vicina al tuo cuore. Ma ho trovato una nuova casa, i tuoi vecchi ricordi, e ho ritrovato te.
Il legame che ho con questa terra è il legame forte, ancestrale, che avevo con te. La terra che ti ha visto bambino, che ti ha visto crescere, che ha sentito i tuoi piedini correre, libero, felice. La terra per cui vivevi i giorni, senza un lamento, solo di sudore e di vita.
La terra che ti ha visto diventare uomo. L’uomo grande e forte che eri per me. Quello che mi veniva a prendere a scuola quando la mamma lavorava, che mi portava il panino caldo quando stavo male, l’uomo che mi ha insegnato a pescare, su quella barca che portava il nome mio e di mio fratello, quello che mi ha insegnato a cucinare, a giocare a carte, l’uomo meraviglioso che mi ha fatto diventare forte e coraggiosa mentre ti stringevo la mano nelle tue ultime ore, l’uomo meraviglioso che andandosene ha lasciato in me una ferita così grande che non si rimargina mai. Nemmeno davanti a questa terra, nemmeno tra queste mura.
Sono passati 8 anni e ancora non riesco a parlare di te, sono passati 8 anni e ti sento dentro questo nodo in gola che non si scioglie mai.
Non ho ancora fatto pace con la tua morte, non dimentico i giorni della malattia, mentre vedevo quell’uomo grande e forte diventare ogni giorno più fragile, mentre mi accarezzava la testa, e ringraziava il suo tesorino per essere li. Nonno, non avrei voluto essere in nessun altro posto se non con te.
Tu mi hai insegnato a vivere con leggerezza, a godermi la vita, a non togliere mai passione in quello che amavo fare; mi hai insegnato a prendere la vita con forza, ma a prendere le persone con amore. Come tu hai preso me. Quando il babbo è andato via, quando così piccola lottavo per non piangere, e per non sentirmi abbandonata, tu hai preso la mia mano e non l’hai lasciata più.
I miei ricordi di bambina parlano tutti di te. Le nostre domeniche a mangiare la pizza, sempre nello stesso ristorante, su quella strada interminabile perchè dovevamo fermarci alla fonte a riempire le bottiglie di acqua fresca. Ti rivedo al volante di quella scassatissima Citroen di quel colore assurdo, azzurro acceso come i tuoi occhi. L’emozione di sedermi nel sedile di fianco che mamma non voleva, le filastrocche che ti cantavo, e tu che ridevi, e che a ogni semaforo rosso ti giravi verso di me e mi dicevi: Dai tesorino, soffia! Che se non soffi non diventa verde!
E io riempivo le mie guanciotte abbronzate di tutto il fiato che avevo e soffiavo soffiavo fino a scoppiare. Tu mi ha insegnato a vivere la magia di ogni più piccola cosa, quella di un semaforo che cambiava colore.
E le sere che con un fischio mi facevi scendere, mi prendevi tra le tue braccia forte e mi mettevi sulla canna della bici, e giù a pedalare fino al porto. Se chiudo gli occhi risento ancora il tuo cuore che batte, l’aria fresca sul viso, le luci dei lampioni, le voci della gente, l’odore del mare. Tra un tuo bicchiere di vino sulle barche e le mie corse sugli scogli al tramonto, a guardare il mare calmo della notte che scintillava, passavo le mie estati. Non credo di aver mai più vissuto una felicità come quella.
Sei stato un nonno, un padre, un ancora, un porto sicuro. L’unico con cui potevo essere e sentirmi bambina, anche da grande. Sei la parte di me che non si riempie mai, quella che piange la tua assenza, che non si rassegna. La parte di me che nelle notti più buie, si fa piccola e si rivede li, accartocciata tra le tue braccia in mare aperto, e sente il suono lontano di un fischiettare in bicicletta.
Sei la parte di me che non smetterà mai di mancarmi. Nemmeno ora che guardo dalla finestra e rivedo il tuo sorriso, nemmeno ora che allungo la mano e tu ci sei.
Nonno.
(web)