Il club delle lettrici compulsive

Un sacchetto di biglie – Joseph Joffo

Un sacchetto di biglie Book Cover Un sacchetto di biglie
Joseph Joffo
Storico
BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
1973
cartaceo, digitale
229

Joseph è un bambino, ha quasi dieci anni, è ebreo, e vive nella Parigi del 1941 con la sua numerosa famiglia. Lui e il fratello Maurice sono i più piccoli, vanno ancora a scuola e amano giocare indisturbati a biglie per strada. Ma insospettabilmente la loro vita inizia a complicarsi: prima le SS che diventano sempre più aggressive e la mamma che cuce sulle loro giacche una stella gialla; poi gli insegnanti che in classe iniziano a ignorarli e i compagni che li insultano fino ad arrivare alle mani. Per la famiglia Joffo c'è solo una cosa da fare: fuggire verso la Francia libera di Pétain uno dopo l'altro, prima i fratelli grandi, poi i piccoli, infine i genitori. Inizia così per Joseph e Maurice una grande avventura verso la salvezza, un viaggio pieno di speranza ma anche di pericoli, paure, solitudine e crudeltà. Un libro in cui un mondo pieno d'odio viene descritto senza traccia d'odio, ma con uno stupore tutto infantile. Il bestseller che ha spiegato al mondo l'orrore dell'Olocausto attraverso uno sguardo innocente.

Un sacchetto di biglie è un romanzo di Joseph Joffo ed è davvero difficile fare questa recensione senza cadere nella retorica, ma vi prometto che farò del mio meglio.

Per non dimenticare.

Questa è la storia vera di Joseph Joffo, un ragazzino che si trova a vivere la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti durante la sua infanzia. Racconta la sua fuga interminabile dai tedeschi che lo porta ad attraversare la Francia in compagnia del fratello Maurice, di soli due anni più grande.

Si tratta di un romanzo sulla Shoah, un romanzo straziante per i contenuti, ma scritto con semplicità e leggerezza. Si legge tutto d’un fiato e il lettore soffre e trema insieme ai due protagonisti.

Pensare a questi due ragazzini costretti ad abbandonare la famiglia, che a sua volta si disgrega alla ricerca della salvezza, che compiono un viaggio verso l’ignoto, senza poter avere notizie dei propri cari, né poterne dare, fa rabbrividire. Il loro continuo scappare da un posto all’altro, ogni volta illudendosi che sia l’ultima, stringe il cuore.

Nel loro viaggio, però, incontrano un’umanità variegata e ogni volta trovano persone di buon cuore disposte ad aiutarli anche laddove non se lo sarebbero aspettato. Molta di questa umanità sparirà sui treni della morte e il pensiero di queste persone così importanti per la salvezza dei due ragazzi, che mai più incroceranno la loro strada, rende il lettore consapevole di quanto fosse precaria la vita durante quella guerra.

Colpisce fortemente, oltre agli orrori delle persecuzioni, delle deportazioni, la forza di questi due ragazzini capaci di mantenere le loro posizioni e mentire fino alla fine sulle loro origini pur di salvarsi, quasi fosse tutto un gioco, purtroppo reale e micidiale.

E colpisce la forza dei genitori che non esitano a far partire i quattro figli pur di salvarli, sicuri della loro capacità di cavarsela, e ignari del destino a cui andranno incontro.

Fanno tenerezza le riflessioni a cui Joseph adulto si abbandona durante il racconto, ancora incredulo di come sia riuscito a superare le prove che la vita gli ha posto davanti e di come sia possibile che proprio lui, un ragazzino anonimo, simile a tanti altri, sia stato salvato anche quando tutto sembrava perduto.

Ho letto questo romanzo insieme a mia figlia, che ha la stessa età del protagonista, soffermandoci sulle riflessioni di Joseph, commentando la bontà, da una parte, delle persone che i ragazzi incontrano nel loro cammino, e dall’altra la crudeltà dei nazisti che, senza un motivo, si accanirono sugli ebrei.

Ci siamo immedesimate nei protagonisti (io nella madre e lei in Joseph) e ci siamo commosse al pensiero della lunga lontananza dei ragazzi dai loro genitori e abbiamo riflettuto sul sacrificio della famiglia Joffo nonostante non avesse aspettative, ma solo la speranza di superare indenni quel momento così buio della nostra storia.

Straziante è stata la descrizione della separazione tra i ragazzi e i loro genitori, impressionante la dignità con cui il padre affronta il momento, pur di non far trasparire la sofferenza che prova, nonostante nel cuore abbia solo il vuoto.

Consiglio questo romanzo agli adulti, ma soprattutto ai ragazzi. Dà grandi insegnamenti e suscita grandi riflessioni, che possono aiutare i nostri ragazzi ad apprezzare la loro vita e le loro cose.

Da Un sacchetto di biglie sono stati tratti due film con lo stesso titolo: uno nel 1975 diretto da Jacques Doillon e il remake diretto da Christian Duguay e uscito nelle sale italiane a gennaio 2018.

un sacchetto di biglie
Un sacchetto di biglie: la locandina del film

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