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Storia della nostra scomparsa – Jing-Jing Lee

Storia della nostra scomparsa Book Cover Storia della nostra scomparsa
Jing-Jing Lee
Storico, narrativa contemporanea
Fazi Editore
16 gennaio 2020
cartaceo, digitale
326

Wang Di ha soltanto sedici anni quando viene portata via con la forza dal suo villaggio e dalla sua famiglia. È poco più che una bambina. Siamo nel 1942 e le truppe giapponesi hanno invaso Singapore: l’unica soluzione per tenere al sicuro le giovani donne è farle sposare il più presto possibile o farle travestire da uomini. Ma non sempre basta. Wang Di viene strappata all’abbraccio del padre e condotta insieme ad altre coetanee in una comfort house, dove viene ridotta a schiava sessuale dei militari giapponesi. Ha inizio così la sua lenta e radicale scomparsa: la disumanizzazione provocata dalle crudeltà subite da parte dei soldati, l’identificazione con il suo nuovo nome giapponese, il senso di vergogna che non l’abbandonerà mai. Quanto è alto il costo della sopravvivenza?
Sessant’anni più tardi, nella Singapore di oggi, la vita dell’ormai anziana Wang Di s’incrocia con quella di Kevin, un timido tredicenne determinato a scoprire la verità sulla sua famiglia dopo la sconvolgente confessione della nonna sul letto di morte. È lui l’unico testimone di quell’estremo, disperato grido d’aiuto, e forse Wang Di lo può aiutare a far luce sulle sue origini. L’incontro fra la donna e il ragazzino è l’incontro fra due solitudini, due segreti inconfessabili, due lunghissimi silenzi che insieme riescono finalmente a trovare una voce.
Con una scrittura poetica e potente, in questo romanzo d’esordio Jing-Jing Lee attinge alla sua storia familiare raccontando la memoria dolorosa e a lungo taciuta di una generazione di donne delle quali è stata per decenni negata l’esistenza: una pagina di storia che troppo a lungo è stata confinata all’oblio.

Oggi partecipiamo al review party di Storia della nostra scomparsa, uno dei libri più strazianti, ma più delicati che abbia mai letto. Vi lascio il banner dell’evento in modo che possiate recuperare anche le recensioni delle altre bravissime blogger che hanno partecipato insieme a noi.

Ci troviamo a Singapore poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Wang-Di, protagonista di Storia della nostra scomparsa, nasce ed è femmina.

Mentre i suoi primi vagiti fendevano l’aria calda dentro la capanna col tetto di foglie di palma, suo padre entrò in camera da letto per guardarla, per guardare quel vermiciattolo appena cavato dalla terra. Quando vide la fessura tra le minuscole gambe, prima sputò, poi si lasciò cadere su una sedia accanto al tavolo della cucina, osservando la moglie che la allattava e pensando già al prossimo figlio.

A Singapore, come in tutta l’Asia, le donne erano considerate esseri inferiori, e la loro nascita non era accolta con gioia. Infatti il nome Wang-Di è formato da due parole, Wang speranza e Di fratellino.

Questo è l’ambiente culturale e sociale in cui si dipana la storia.

Conosciamo, quindi, Wang-Di ragazzina allo scoppio della Seconda guerra mondiale e la descrizione della vita delle persone in quegli anni è quanto mai povera di orpelli, ma realistica e cruda, anche se sempre delicata e, proprio per questo, straziante.

Poi vidi una donna dell’età di mia madre accovacciata davanti a noi. Aveva la bocca aperta in un guaito di dolore e le braccia protese verso un bambolotto. Guardai meglio. Non era un bambolotto: era un bambino steso a terra.

Il dolore e la paura sono potentemente descritti, anche se con parole semplici, pure, che non mirano a esaltare l’orrore, ma ne fanno partecipe il lettore che non può che esserne coinvolto nella mente e nel cuore.

Ma la vera storia parte da qui. Perché questa è la storia della vita di Wang-Di così come lei la narra. Wang-Di sarà una delle “donne di conforto” per i soldati giapponesi. Lei stessa descrive i soldati giapponesi in questo modo:

Perché mi parlavano di qualcosa che nessuno aveva il coraggio di dire: di quello che facevano i soldati, quei ragazzini terrorizzati, lontani dalle loro famiglie

Lei stessa quasi li perdona per quello che sopporterà negli anni dell’occupazione di Singapore da parte dei Giapponesi. La storia di Wang-Di è la storia di tutte quelle donne a cui è stata negata l’esistenza, e l’autrice porta alla luce una pagina di storia sconosciuta ai più, dimenticata da molti.

Il racconto della vita vissuta nella casa bianca e nera si dipana leggera, come ali di farfalla, ma pesante come un macigno. Wang-Di descrive tutto, di sé ancora ragazzina, appena sedicenne, e delle sue compagne, alcune ancora dodicenni, bambine ancora. Di come i soldati le stuprassero, di come le malmenassero, di come le trattassero peggio di oggetti. Di come soffrissero la fame, e la sete, e il freddo e le malattie. Di come furono liberate e di come riuscì a scampare alla morte per essere solo considerata una vergogna dai propri parenti e da tutto il paese in cui era nata.

Il tutto è raccontato da Wang-Di, quando è ormai ultrasettantenne e vedova, ma il ricordo degli anni passati nella casa “bianca e nera” non va via, e non vanno via le “amiche” di quegli anni, Huay e Jeomsun, grazie alle quali è riuscita ad andare avanti, ma morte o perse chissà dove.

Questi ricordi vengono fuori quando Wang-Di incontra Kevin, ragazzino undicenne alla ricerca della verità lasciata come eredità dalla nonna paterna.

E il vaso di Pandora si apre.

Le due storie si intrecciano fino a incontrarsi, e l’incontro sarà, come il resto del romanzo, delicato e struggente. Due universi sconosciuti che si incontrano e si riconoscono e finalmente Wang-Di si lascerà andare alla sua storia.

Questo romanzo è uno spiraglio su un pezzo della storia giapponese per tanto tempo rimasta nascosta, che solo negli ultimi anni sta tornando alla luce.

In Storia della nostra scomparsa si intrecciano tanti personaggi, Wang-Di protagonista assoluta, ma anche il marito, il vecchio, che ha vissuto la guerra nel peggiore dei modi perdendo un figlio e una moglie.

E poi siamo ai giorni nostri con Kevin, vittima di bullismo, che decide di far luce sul mistero lasciato dalla nonna in punto di morte.

Lo stile dell’autrice è allo stesso tempo feroce e potente, ma anche struggente e garbato. Non esagera mai, usa sempre parole lievi, non di impatto visivo ma sicuramente di grande impatto emotivo. Descrive con parole fini la ferocia della guerra, la condizione delle “donne di conforto” nei bordelli giapponesi, la vergogna che provano una volta liberate e la non accettazione nella nuova società, ma anche temi più attuali, come il bullismo, la solitudine degli anziani in una società troppo frenetica, che li relega in un posto di secondo piano, ai margini, come un fastidio, come esseri non più utili.

L’autrice, dunque, cerca di far luce su un aspetto della storia asiatica dimenticato o inesplorato e su orrori nascosti, denunciando al mondo crimini verso ragazzine e bambine ignorate per intere generazioni.

Ma non si limita al passato, porta alla ribalta anche l’oggi cercando di aprire gli occhi davanti a problematiche che purtroppo affliggono il mondo intero.

Ho letto questo romanzo con il cuore stretto dall’orrore e dalla tristezza, ma rapita dal modo di narrare dell’autrice, caldo e coinvolgente che però porta ad avere gli occhi lucidi e il cuore gonfio.

Quando il libro è finito non me ne facevo una ragione, e ho letto e riletto i ringraziamenti e ho capito che, in parte, questa storia è la storia della famiglia dell’autrice.

Leggete Storia della nostra scomparsa pronti a conoscere una pagina dalla storia asiatica che catturerà la vostra attenzione e i vostri sentimenti e da cui non riuscirete a distaccarvi per molto tempo.

Avete letto Storia della nostra scomparsa? Vi aspetto per commentarlo insieme!

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NdA: il libro mi è stato fornito dalla casa editrice perché potessi recensirlo. Questo non ha influito sulla mia opinione.

 

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