Il club delle lettrici compulsive

Intervista a Franco Forte

Intervista a Franco Forte

Bentrovati compulsivi e compulsive! Come avevamo già anticipato, questo sabato abbiamo l’onore di ospitare un grande autore: Franco Forte, che ci parlerà un po’ di lui e ci presenterà il suo ultimo romanzo: Cesare l’immortale.

Ci parli un po’ di lei: chi è Franco Forte, sia come persona che come autore.

Sono una persona ossessionata dalla scrittura, che con il tempo ha deciso di fare di questa passione anche un mestiere. E non è stato facile. Ora che faccio lo scrittore, l’editor e l’editore, non tengo per me i segreti che ho appreso in tanti anni di frequentazione del mondo editoriale, ma li diffondo, alla ricerca di altri bravi autori da far crescere e pubblicare. E forse sono anche un illuso, perché combatto ormai da anni quella che sembra una battaglia persa (anche se intendo, prima o poi, vincerla): convincere i lettori che non devono disdegnare per pregiudizio gli autori italiani, ma almeno dare loro una chance di essere letti e giudicati per ciò che hanno scritto. Dopodiché, ne sono sicuro, si renderanno conto che anche noi italiani siamo capaci di confezionare belle storie che si leggono con piacere.

Come prendono vita le sue idee, su carta o su pc?

Prendono vita nella mia testa, nella mia anima e nei liquidi del mio corpo. Dopodiché vengono trasferiti nel PC come flussi di idee ed emozioni amalgamati dalla passione e da tanta tecnica, che ritengo indispensabile quando si vuole confezionare un prodotto professionale (e questo devono essere, comunque la si guardi, i romanzi che ambiscono ad arrivare sugli scaffali delle librerie).

 Cosa vuol dire per lei scrivere?

Sarebbe come chiedermi: che cosa significa per lei respirare? La risposta è facile: vivere!

Ci racconti del suo ultimo romanzo, Cesare L’immortale: Com’è nata l’idea di rievocare Cesare?

Il romanzo nasce da lunghi anni di studi su questo straordinario personaggio (ci ho anche scritto uno sceneggiato andato in onda su Mediaset), che mi hanno fatto pensare: ma perché un uomo del genere, così forte, intelligente, astuto, si è fatto ammazzare come uno sciocco? Perché ha ignorato tutti coloro che lo avevano avvertito in modo chiaro che ci sarebbe stato un attentato, il giorno delle Idi di Marzo? E perché, proprio pochi giorni prima, pur sapendo dei pericoli che correva, si è liberato della sua guardia personale? Tutte contraddizioni che non hanno mai avuto senso, per me. Ed ecco l’idea: ovvio, in realtà Cesare non era affatto uno sprovveduto, e non si è fatto uccidere proprio dalle persone che gli erano più vicine, come Decimo e Bruto. Anzi, è stato lui a organizzare tutto, fingendo la congiura e la sua morte per sparire da Roma e dall’ambiente marcio e corrotto dell’Urbe e tornare a fare quello che gli è sempre venuto meglio: combattere. Magari alla testa di una legione segreta, la Legio Caesaris, assemblata in segreto nel tempo, pronta a partire con lui verso i confini del mondo, per cercare l’unica cosa a cui un personaggio come Cesare teneva davvero: il segreto dell’immortalità!

Cartina di Cesare l'immortale di Franco Forte
Cartina di Cesare l’immortale di Franco Forte

 

È rimasto sempre fedele all’idea iniziale, oppure durante la scrittura (o anche a romanzo ultimato), ha deciso di cambiare qualche dettaglio nella trama o qualche scena, qualche personaggio?

Durante la scrittura di un libro si cambia sempre qualcosa. Perché a metà romanzo o più avanti può arrivare un’idea clamorosa, e allora bisogna tornare indietro e adattare quello che è stato scritto a questo nuovo percorso, nel tentativo di migliorare sempre di più il libro. Non ho mai conosciuto nessuno che partisse a spron battuto e arrivasse alla fine senza mai cambiare qualcosa. A parte quei software programmati per scrivere romanzi… con i risultati che tutti immaginiamo.

Qual è il personaggio al quale si sente più legato?

In realtà sono due: Gengis Khan, a cui ho dedicato due romanzi recentemente riuniti in un unico volume negli Oscar Bestsellers, e Niccolò Taverna, notaio criminale della Milano del 1500 protagonista di due miei thriller storici, “Il segno dell’untore” e “Ira Domini”. Perché ci sono affezionato? Gengis Khan è stato il primo grande uomo della storia ad affascinarmi da bambino, grazie a un libro che mi regalò mio padre; e Niccolò Taverna perché è una figura originale, seppure assolutamente reale, della Milano del passato: un investigatore tenace, un uomo sensibile e dalla mente veloce, capace di muoversi negli scenari infernali della Milano del 1500 piagata dalla peste, con il desiderio di fare giustizia anche quando il mondo sembra pronto a sprofondare.

La frase del libro che sente più sua, o un passo che le piace particolarmente?

Se parliamo di “Cesare l’immortale”, direi che ce ne sono tanti, ma forse un brano in particolare mi piace più degli altri. L’ho messo in bocca a un altro straordinario personaggio che anima il libro, Cicerone. Il grande oratore si trova nella sua villa di Formia, braccato dagli uomini di Marco Antonio che vogliono ucciderlo, e si sta preparando a fuggire verso la Grecia. A un certo punto, c’è questo dialogo:

«Ormai è tutto pronto» lo riscosse Tirone, il suo fedele liberto che aveva affrancato dieci anni prima, dopo la morte di Crasso nella disfatta di Carre. «Restano solo da raccogliere le ultime carte, le più preziose.»

Cicerone trattenne una risata amara.

«Si dice che le opere redatte in punto di morte siano le più efficaci, non è così?» Raccolse la pergamena su cui aveva scritto le ultime righe del suo De Officiis e la mostrò a Tirone. «Quindi quest’opera resterà la migliore che ho scritto? Quella che i posteri ricorderanno e si tramanderanno?»

Il liberto restò a fissarlo in silenzio per qualche istante, con una di quelle espressioni piene di pazienza e commiserazione che tanto contribuivano a innervosire Cicerone, poi sollevò le mani come a volersi rifiutare di raccogliere la pergamena che lui gli porgeva.

«Tutto ciò che hai scritto resterà ai posteri» si decise alla fine a ribattere, con la mancanza di soggezione nei suoi riguardi che lo caratterizzava, e che era la virtù che Cicerone gli riconosceva di più. «Ma non ora, né fra dieci anni. E il De Officiis non sarà il tuo ultimo capolavoro, ne sono più che certo.»

«I capolavori non li scrivono gli uomini in vita, ricordalo» lo punzecchiò ancora Cicerone, suo malgrado divertito dalle continue diatribe dialettiche con quell’uomo sveglio e scaltro come piaceva a lui. «Solo i morti. O gli dei.»

«Be’, tu non sei né l’uno né l’altro» grugnì Tirone. «Eppure quello che scrivi è sulla bocca di tutti e miete più vittime della spada.»

Ecco, proprio quello a cui dovrebbe aspirare ogni scrittore…

Cosa si aspetta dal prossimo futuro, Franco?

A livello personale, spero di poter scrivere tanti altri libri, per mettere sulla carta le mille idee che mi si affollano nella mente. A livello… “sociale”, spero solo che ci sia un futuro dignitoso per i nostri figli, perché tutta questa smania di potere della generazione che è al comando oggi, mi dà l’impressione che si arriverà presto ai ferri corti, seminando scontento e disperazione. Non tanto per loro, quanto per quelli che ci succederanno.

Sta già lavorando ad altri progetti?

Sempre. Mai fermarsi, altrimenti si è perduti. Sto lavorando su altri romanzi, su collane editoriali, su sceneggiature di film e serie televisive, su programmi per la TV di vario genere (alcuni anche da condurre personalmente) e molto altro ancora.

La nostra intervista, per oggi, si conclude qui. Ammetto che sarei rimasta ad ascoltare Franco Forte per almeno un altro paio d’ore…

Ringraziamo quindi Franco Forte per la sua disponibilità, è stato davvero un piacere!

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