Il club delle lettrici compulsive

Il diritto di opporsi – Bryan Stevenson

Il diritto di opporsi Book Cover Il diritto di opporsi
Bryan Stevenson
Narrativa, Storie vere, Biografie
Fazi Editore
2020
Digitale - Cartaceo

Il diritto di opporsi è un’indimenticabile testimonianza del coraggio, della perseveranza e dell’umanità necessarie a perseguire una giustizia più equa, ma anche una struggente denuncia contro la pena di morte.

Bryan Stevenson era un giovane avvocato da poco laureatosi a Harvard quando decise di trasferirsi a Montgomery, in Alabama, e fondare la Equal Justice Initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro impegnata a porre fine all’incarcerazione di massa e alle pene estreme, a sfidare l’ingiustizia razziale ed economica e a proteggere i diritti umani fondamentali delle persone più deboli e vulnerabili. Al resoconto della sua formazione Stevenson intreccia le storie delle persone che ha difeso e che lo hanno condotto in un groviglio di cospirazioni, macchinazioni politiche, inganni legali e razzismo diffuso, modificando profondamente la sua concezione della giustizia. Tra i vari casi spicca quello di Walter McMillian, un afroamericano condannato a morte per l’omicidio di una ragazza bianca, nonostante innumerevoli prove dimostrassero la sua innocenza. Il diritto di opporsi è un’indimenticabile testimonianza del coraggio, della perseveranza e dell’umanità necessarie a perseguire una giustizia più equa, ma anche una struggente denuncia contro la pena di morte.

Oggi partecipiamo al review tour de Il diritto di opporsi, un libro scritto da Bryan Stevenson e pubblicato in Italia da Fazi Editore.

Prima di cominciare vi lascio il calendario dell’evento in modo che possiate recuperare le recensioni delle altre bravissime blogger che hanno partecipato e farvi un’idea precisa del libro… anche perché dal 30  gennaio troverete il film nelle sale e ormai lo sapete: sempre il libro, prima!

il diritto di opporsi

Grazie a Fazi Editore per averci permesso di leggere Il diritto di opporsi in anteprima e a Raffaella di The Reading’s Love per aver organizzato l’evento.

Si parla di razzismo e di pena di morte, quindi, prima di iniziare, qualche avviso.

  1. Non è un libro facile.
  2. Il rischio di diventare retorica è super alto.
  3. È una storia vera.

Come sempre, farò del mio meglio.

Bryan Stevenson, l’autore, è un avvocato afroamericano che si occupa di pena di morte fin da quando ha iniziato i corsi di specializzazione in università. La storia inizia nel 1983 e prende in esame, oltre al caso che diventerà la figura centrale del libro, ovvero quello di Walter MacMillian, altri casi che lo hanno coinvolto e lo hanno portato a trasferirsi in Alabama e a cercare di scongiurare più pene di morte possibili.

Non ve lo nascondo: questo libro mi ha profondamente turbata. È un vero pugno nello stomaco. Qualsiasi cosa voi pensiate della pena di morte, vi prego di leggere questo ragionamento che fa Stevenson.

Durante le discussioni sulla pena di morte, avevo iniziato ad argomentare che non potremmo mai considerare un comportamento umano pagare qualcuno per stuprare chi è stato condannato per stupro, o per aggredire e commettere abusi su chi è colpevole di aggressioni e abusi. Di contro, però, ci sentiamo perfettamente a nostro agio nell’uccidere chi ha ucciso, in parte poiché riteniamo di poterlo fare senza coinvolgere la nostra umanità, come invece accadrebbe se stuprassimo o abusassimo di qualcuno. Non riuscivo a smettere di pensare a quanto poco tempo dedicassimo a riflettere in maniera dettagliata su che cosa comporti concretamente l’uccisione di una persona.

Credo di non aver mai preso così tanti appunti come in questo caso. Per fortuna, il libro mi è stato mandato con un discreto anticipo e quindi ho potuto fare tutte le pause che mi sono servite per poter arrivare in fondo… Perché è una storia vera. Sono tutte storie vere. La Yellow Mama esiste ed è dell’esatto punto di giallo che vedete nel banner (ho disegnato io per il gruppo dell’evento sia banner che calendario. Non ho avuto il cuore di usare una sedia elettrica o addirittura la Yellow Mama, ma ho pensato di richiamarne almeno il colore…)

La vita nel cercare di Holman ruotava attorno alla sedia elettrica dell’Alabama. La sedia, ampia e di legno, era stata costruita negli anni Trenta del secolo scorso e prima di fissarvi le cinghie di pelle e gli elettrodi i detenuti l’avevano pitturata di giallo. La chiamavano “Yellow Mama”, mamma gialla.

Tantissime volte ho letto e partecipato a discussioni sulla pena di morte. Sono discussioni che tendono a far scaldare sempre troppo gli animi perché solitamente, chi viene condannato a morte, ha fatto qualcosa di terribile e quindi si merita di morire… o forse no? Come si fa a mettersi allo stesso livello di chi ha ucciso?

Stevenson poi parte a raccontare dal suo primo approccio al braccio della morte nel 1983. Nonostante tutto, la legge non era (e non è, stando ai fatti di cronaca) uguale per tutti, tanto che se un crimine veniva commesso tra persone nere, non era nemmeno prevista la pena di morte (quindi finché si ammazzano tra “loro” va bene, no?).

Il diritto di opporsi non è un romanzo. È la cronaca della vita professionale di Stevenson, dalla formazione alla fondazione di Equal Justice Initiative, di come il suo lavoro lo abbia portato a stretto contatto con criminali veri o presunti e di come gli abbiano cambiato la vita. Ed è un libro che va assolutamente letto perché troppe volte siamo davvero troppo rapidi nel puntare il dito contro gli altri, senza fermarci a riflettere.

I temi toccati sono tantissimi e nessuno è trattato con delicatezza, anzi, la verità di certe situazioni viene sbattuta in faccia con violenza, quasi. Tra le tante riflessioni che ho salvato c’è questa:

«Mi sento come se avessero messo anche me nel braccio della morte. Come facciamo a dire ai nostri figli di stare alla larga dai guai, se poi nonostante tu te ne stia a casa tua a farti gli affari tuoi, circondato dalla tua famiglia, loro ti accusano lo stesso di un omicidio che non hai commesso e ti spediscono nel braccio della morte?».

A parlare è Armelia Hand, la sorella maggiore di Walter. Il caso contro Walter McMillian è palesemente montato ad arte, eppure la giuria ha emesso un giudizio di colpevolezza nonostante le decine di testimoni attendibili a favore, non solo parenti stretti, ma vicini di casa, amici, passanti. È terribile sentirsi impotenti, sentirsi dire che si è colpevoli perché neri, perché già accusati di essere troppo intimi con un donna bianca. Eh già. In Alabama le relazioni tra razze diverse erano vietate dalla legge.

Nel 1986, quando Walter incontrò Karen Kelly, la Costituzione dello Stato dell’Alabama continuava a vietare tale pratica. L’articolo 102 della Carta dello Stato recitava infatti:

Il corpo legislativo non dovrà mai approvare alcuna legge che autorizzi o renda legale ogni tipo di unione matrimoniale tra una persona bianca e un negro o il discendente di un negro.

Mi fa orrore solo leggerlo, ve lo giuro. Intanto è assurdo parlare di razze (Sally aveva recensito un libro bellissimo di antropologia, tempo fa. Qui trovate la recensione), ma la cosa veramente surreale sono i tempi in cui questa cosa è avvenuta. Si parla del 1986! Nemmeno quarant’anni fa! Io ero già nata, andavo a scuola… È pazzesco pensare di finire in galera perché si ama una persona con una percentuale di melanina diversa dalla nostra!

Stevenson fornisce anche dati statistici nelle note dei cari capitoli in caso vogliate approfondire qualche argomento. Potrei stare qui ore a scrivere e a parlarvi di questo libro che mi ha proprio toccata, lasciandomi senza parole (metaforicamente perché ho già scritto un sacco), ma voglio lasciarvi con una considerazione:

Abbracciai a lungo Herbert per l’ultima volta, ma intanto riflettevo su quello che aveva detto. Pensavo a tutte le prove mai esaminate dalla corte sulla sua infanzia. Pensavo al trauma e alle difficoltà che aveva vissuto una volta tornato dal Vietnam. Non potei fare a meno di domandarmi: dov’erano queste persone quando lui aveva davvero bisogno di loro? Dov’erano tutte queste persone così sollecite quando Herbert, a tre anni, perse la madre? Dov’erano quando aveva sette anni e cercava di riprendersi dagli abusi fisici? Dov’erano quando era un adolescente che combatteva con le droghe e l’alcol? Dov’erano quando tornò dal Vietnam traumatizzato e divenuto ormai un incapace?

Non è meglio assistere prima una persona che ha bisogno? Prima che compia qualche gesto stupido o insano? Lo Stato non dovrebbe occuparsi dei suoi cittadini prima che mettano in pericolo se stessi o gli altri? Perché una persona con evidenti traumi psicologici viene abbandonata a se stessa?

Tutti gli argomenti trattati in Il diritto di opporsi sono tremendamente attuali. È vero che c’è una sorta di accanimento verso le persone nere e che rischiano più degli altri nello stesso contesto. Non è un caso che ci sia una puntata anche in Grey’s Anatomy dedicata all’argomento. Vi lascio lo spezzone di una scena che mi ha frantumato il cuore in mille pezzi (è in inglese, ma se non capite, ve lo posso tradurre) perché, da bianca, a certe cose non ci pensi mai fino a quando non te le sbattono in faccia. Ecco perché è importante leggere libri come questo. Per imparare.

Avete letto Il diritto di opporsi? Vi aspetto per commentarlo insieme!

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NdA: il libro mi è stato fornito dalla casa editrice perché potessi recensirlo. Questo non ha influito sulla mia opinione.

 

Pubblicato da Sara Emme

Sono Sara e sono una lettrice compulsiva. Ho vissuto in Cina dal 2009 al 2017. Oltre ai libri, amo i viaggi, la fotografia, i gatti e la buona cucina. Appassionata di Harry Potter e del magico mondo creato dalla Rowling, passo la vita trascinando il mio povero marito (sant'uomo!) per i parchi a tema sparsi per il mondo.

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