Era un errore, ma era incantevole

Lì per lì faceva male (e parecchio), ma a ripensarci ora era bellissimo.
Soffrire per amore, intendo. Per la prima volta, intendo.
Parlano tutti del primo amore, “il primo amore non si scorda mai” dicono, ma della prima volta in cui si perde un amore non si parla mai abbastanza.
Si parla tanto di primi baci (e sono importanti, per carità!), ma si parla troppo poco di quel dolore assoluto che non lascia spazio ad altro.
Lì per lì era un supplizio: andavo a letto e pensavo a lui. Mi svegliavo e pensavo a lui. Non mangiavo. Non bevevo. Non ridevo. Non parlavo. Scrivevo il suo nome ovunque. Scrivevo che lo amavo ovunque. Mi accendevo solo se si trattava d’amore. Solo per quello. Non avevo mai provato niente del genere prima e a scuola non t’insegnano che si sopravvive. Ti tocca capirlo da sola con varie prove sul campo. Ti tocca andare avanti terrorizzata da un’idea che si fa sempre più ingombrante: “probabilmente, senza di lui, morirò”. Invece non si muore, anche se fa piuttosto male. Ed è assurdo da dire adesso, forse, ma era meraviglioso. Tutto quel dolore, tutta quella dolce fiducia riposta in un unico essere umano. Tradita, certo, ma incondizionata. Tutte quelle lacrime, tutte quelle speranze. Infrante, certo, ma belle vive.
Non si muore, dicevo, ma qualcosa cambia irrimediabilmente. Cambia il nostro modo d’amare. Come la prima volta non si ama più: è vero, ma non è proprio un discorso troppo romantico. Dopo la prima volta si inizia ad amare prendendo le dovute precauzioni. Non ce ne rendiamo nemmeno conto, probabilmente.
E’ l’istinto di sopravvivenza del cuore. Dopo la prima volta non si ha più paura che possa finire, perché siamo quasi sicuri che lo farà. Lo mettiamo in conto fin dall’inizio.
E tutto ci sembra un pochino meno importante. Una telefonata non ricevuta, ma che vuoi che sia? E un bacio in meno, che importa?
S’impara a soffrire con dignità.
Con moderazione.
A me piaceva tanto segnare sul diario con un cuoricino blu ogni bacio che mi dava.
Dare un peso spropositato a qualcosa di estremamente leggero.
Mi piaceva credere che fosse per sempre, devo essere onesta. Mi piaceva pensare in grande. Illudermi, anche.
Adesso, invece, non c’è più spazio per un sentimento così ingombrante.
Non c’è più tempo. Non ha poi tanta importanza, l’amore, da un certo punto in poi. Anche per una come me, che l’amore lo vede ovunque. Anche per me, lo devo ammettere, è difficile ricordare che in realtà è tutto quello che conta. Che lasciarsi morire un po’ per via di un addio non è poi così ridicolo. Che le canzoni d’amore non sono ridicole.
Che si può costruire il castello più bello del mondo, alto e lucente, ma se mancano le fondamenta con il primo soffio di vento crolla tutto. Se mancano i baci.
Era bellissima quella dolce ossessione. Contare i minuti. Si continua a fare tutto anche dopo, ma non è la stessa cosa.
Si contano i minuti e ci si lascia distrarre dal lavoro, da altri pensieri.
Era bello, così bello, quando l’amore era l’unico pensiero. Luminoso o devastante che fosse, era bello. Riuscire a parlare di una carezza per giornate intere.
Saper scendere dal nostro personalissimo piedistallo per cederlo a qualcun altro. Dimenticarsi di esistere finché non arrivava al bar e non ci offriva un gelato.
Essere felici per un gelato.
Essere immensamente tristi per dieci minuti in meno da passare insieme.
Pensare di essere gli unici, insostituibili. Non credere alle nostre orecchie sentendo pronunciare le parole “non ti amo più”, perché l’amore non finisce. Così si pensava.
Ed era grande. Era super. Era un errore, ma era incantevole.

Era un errore, ma era incantevole – Susanna Casciani.

Era un errore, ma era incantevole

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