Me Mom

Me Mom…<3

Approccio al parto: sensibilità e scelta

Eccomi!

Oggi ho voglia di parlarvi del parto: la mia esperienza umana che, mi ha donato mio figlio. In un’ottica sincera. Una straordinaria esperienza di vita, un momento a cui sei grata intimamente. Sì selvaggio, emozionante, ancestrale. Raccontarlo per condividere una gioia che, un po’ fa paura. Dar voce alle mille emozioni, riflettere sui rigidi luoghi comuni legati al diritto di scelta, la carenza di servizi adeguati. Un particolare accento, sulle profonde risorse nascoste in noi, la comprensione e il rispetto per la sensibilità umana. Valorizzare l’evento nascita.

936199_4936852624465_893265880_nIo consiglio a tutte il corso preparto. Non per le tecniche di rilassamento, ottime, fino a quando hai il controllo del tuo corpo; fondamentale invece per la sfera emozionale: confrontarsi, partecipare alle lezioni, condividere una comune dimensione, nella sua soggettiva unicità. Esporsi a ruota libera, tirar fuori personali dubbi, consueti a molte mamme in progress. Sentimenti ben nascosti in noi, sono leciti e naturali: uno scambio costruttivo insomma!

 

Partoanalgesia? Al corso, la prospettavano di “routine”, il mio santo gine mi aveva avvertito:

“Solo su valutazione al momento del parto!”

Sostanzialmente nella struttura dove ho partorito, non la fanno quasi mai, forse se ti butti a terra pronta a tutto! 😉 Io ero “brava”, non serviva! Il mio parto è stato intenso: abbastanza veloce e graduale. Ancora oggi, mi chiedo stupita come abbia fatto? 😉

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Contrazioni iniziate la mattina presto, irrazionalmente riconoscibili: leggere e ritmiche sui reni. Quel giorno avevo il monitoraggio: erano loro! Eppure la mia, non era “una faccia da parto“: calma e rilassata, fuori. Un inaspettato self control, non è da me! A tre centimetri mi è stato offerto l’aiutino: utilissimo e indolore; a detta dell’ostetrica, efficace per velocizzare il tutto! Ingenua e un po’ titubante: Ok!

 

Non fatelo mai, nemmeno sotto tortura! Solo se davvero serve! Scollamento delle membrane: una tecnica che mi sento di sconsigliare caldamente, se possibile. Fuorviante dal mio punto di vista, (non solo il mio) e non serviva a me: il mio travaglio andava benone.

Col permesso del mio gine al telefono, sono andata a farmi una doccia a casa: una pazza! In piedi dall’alba, volevo rinfrescami, avevo intima necessità di entrare in confidenza con l’imminente trasformazione della nostra vita; non ero intenzionata ad entrare troppo presto e farmi visitare di continuo. Il post scollamento mi aveva innervosita; l’aiutino era stato tutt’altro che indolore, mi sentivo stupida per averlo accettato, e poi cosa sarebbe stato il parto, se uno scollamento faceva così male? Avevo un pò paura! Una piccola dose serve.

Contrazioni vicine. Doccia, valigia, il gine in linea, e di nuovo in clinica ostetrica: sette centimetri! -“Sei bravissima! Dai, in sala parto, ma le senti le contrazioni?” Le sentivo eccome! Ho iniziato a materializzare, il desiderio nascosto dell’epidurale, ed esternarlo -“Ma dai, tra dieci minuti partorisci!”

Due ore di fuoco: rottura delle acque. Poco prima ero consapevole e rilassata, mi gestivo. Dopo questo momento ho iniziato a “perdermi”, non controllavo la soglia delle contrazioni, non sapevo come reagire fisicamente a quelle sensazioni travolgenti:

– fatemi l’epidurale!

Attenuare non eliminare, quello che il mio corpo e la mia mente, non riuscivano a metabolizzare: drastico, selvaggio e incontrollato. L’ostetrica di turno: “Assolutamente no! Tutte le donne del mondo hanno partorito senza!” Atteggiamento utile, il suo, a rafforzare il senso di incapacità nel vivere al meglio un momento così speciale. Il tempo di ripresa tra una contrazione e l’altra non c’era. Penso alle mie gambe tremanti, essermi aggrappata al braccio di un ostetrico passante, tanta sete, e poi io non riuscivo a “respirare”. Una sensazione fisica, come non canalizzare aria nel mio corpo.

Contrazioni inumane, feroci e paralizzanti. Io persona, donna, mamma, non trovavo una guida in quel luogo, mi sentivo “sola” e non capita. La fase espulsiva è tosta. Almeno per me lo è stata. Spingevo:

-“Non con la gola, con la pancia!” Ma come si fa! Io in un attimo di follia

Prendete la ventosa! Sì, l’ho detto e ripetuto. Non è servita Grazie al Cielo! Ora mi vien da sorridere. La realtà circostante era confusa per le sensazioni impellenti e protagoniste, mi esortavano a focalizzare le energie sulla spinta; concentrata per quel che potevo, sul suono della voce del marito:

-“Spingi più forte!” E poi ho spinto: “Adesso muoio!

Invece sono nata: ascoltando il pianto vivace di mio figlio, lo sentivo quasi ovattato. Assolutamente frastornata, e anche fiera di me, noi: il mio miracolo. La meraviglia e il mio stupore, esser grata.

loves Un evoluzione unica che, merita ascolto: diritto legittimo di ogni mamma. Potersi esprimere, vivere serenamente la gioia della nascita, godersela nella sua completezza. Non sentirti incapace, o “ingrata”, per cercare maggiore conforto. Professionalità, accoglienza, calore umano, la voce delle nostre sensazioni individuali.

Com’è stato il vostro approccio al parto?

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“Impari” opportunità

Nel mio ex impiego,

contesto internazionale, (aeroporto) ho visto molte culture a confronto, stili differenti, atteggiamenti curiosi, sono un’osservatrice di “particolari nascosti”; qualcosa di svelato invece, mi ha sempre stupito…La mia attenzione, si è spesso soffermata, sulle famiglie nord europee, precisamente gli scandinavi: la loro “fresca” espressione famigliare. Mi spiego meglio: ho sempre guardato con un pizzico di stupore, queste donne giovanissime, stra-belle, in perfetta forma, sorridenti, serene, pratiche; quasi tutte in media, con tre figli piccoli al seguito. Famiglie giovani e disinvolte nel mondo, raggianti, perlomeno nell’immagine immediata. Da donna le osservavo incuriosita, da mamma ammirata! Lessi un articolo in merito, sul lavoro nel nord Europa; in Scandinavia a quanto pare, (non ho mai vissuto lì) esistono delle riforme decisive, per la tutela dell’impiego al femminile, permettendo ad una donna, di conciliare maternità, professione, gestione casalinga. Orari flessibili, nidi aziendali, permessi, così leggevo perlomeno. Insomma, un miraggio ai miei occhi, e credo non solo ai miei; e dire che, si considera il nostro, un luogo simbolo indiscusso della famiglia. Forse in apparenza, nelle superficiali, altisonanti parole; non nella sostanza: ottimizzazione del menage famigliare, l’offerta riservata alle donne-mamme. Senza dubbio, aspetto più radicato, non lo è nelle “ideologie sociali”: aride e discriminanti. Leggere queste inserzioni di lavoro: “Solo donne single”, (ma si può scrivere?) fa davvero ridere, per non piangere! Ti fa indignare nella tua completezza. Non nel sentirti chiedere, in fase di colloquio:

“Vuoi “sfornare” ancora?”

La “nostra” situazione lavorativa femminile, è spesso mortificante; in questi frangenti, sento la distanza dalle mie origini italiane: nel momento in cui non ho l’opportunità di essere tale, mentre la tanto istituita famiglia, è l’ultimo pensiero della società odierna e “tutto”, rema contro di essa, quando bisogna quasi”giustificarsi” di essere se stesse! Certo, in molti punti, mi sento estremamente lontana dal mio paese, in altri, essenziali, ne sono parte integrante:

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quando il sedersi insieme a tavola, è genuino incontro umano, comunicazione, nell’esprimere le mie emozioni senza filtri, l’istintivo senso di protezione verso chi amo; la passione verso un’idea, tirando fuori qualcosa di buono. 😉 Quest’ultimo aspetto, è rappresentativo dell’ambivalenza italiana: l’adattabilità, un’arma a doppio taglio, forse. Emozioni a parte, difendere una posizione professionale, conciliando tutto, senza aiuti di nonne e affini, è davvero difficile per una donna; non impossibile, estremamente faticoso, lecito nell’opportunità e offerta adeguata: aspetto innegabilmente incompleto. Le barriere sociali esistenti, sono limitative della persona, la carenze di servizi studiati a tavolino, l’accoglienza verso la maternità: “dettagli” imprescindibili, del diritto umano. Lottare lealmente, per ciò in cui si crede: punto di partenza, su cui crescere ed evolversi civilmente, a beneficio del diritto di essere.

Fate fatica a conciliare tutto?

 

 

 

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Giocando allegramente, si impara

…Noi adulti maturando, presi da stress, lavoro, economia casalinga, trascuriamo l’effetto inebriante, delle attività ludiche, la magia che scorre in un divertimento educativo, in una fiaba…Giocando allegramente, si impara… Ad essere se stessi, ad esprimersi, a creare con la fantasia storie incantate: protagonisti dei propri sogni indiscutibilmente, a credere in essi, senza considerarli astratti, realizzabili piuttosto…

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Nel giocoso universo dei bimbi, si apprende un piccolo insegnamento personale, in modo semplice, immediato, concreto…Quando sei mamma, torni a vivere impetuosamente, questa meravigliosa sfera esistenziale, la credevi sopita; aspetto che da donna impegnata, avevi nascosto in parte, a te…Le spontanee emozioni, che ti fan sentire, una serena adulta bambina, partecipe …Esperienze eccezionali: la gioia entusiasta e meravigliata, di tuo figlio, nel vedere un improvvisato e poco probabile, zio- Babbo Natale, subito smascherato peraltro, le tue risate emozionate, nel vivere il brioso evento…Sì, perchè tu da piccola, un vero zio-Babbo Natale, non l’avevi mai visto dal vivo! ;)…Il mondo fiabesco è terreno fertile per la sostanza umana, realisticamente significativo, espressione di valori diretti: amore, fiducia, coraggio, fedeltà, chi più ne ha più ne metta!…Le “favole allegoriche improvvisate”, sono il mio forte: “Il principetto capriccioso“, “Il terremotino disobbediente”, “Il furbetto di mamma“, col mio inconfondibile, tocco personale ;)…Spunti quotidiani, per trasmettere un semplice messaggio “formativo”, senza troppe pretese, genuinamente. Un gioco spensierato, è espressione libera, verità, nutrimento della fantasia, improvvisazione; una fiaba diviene scenario di fantastiche avventure, condite da un pizzico di realtà…Ciò che si apprende giocando serenamente, vale ancora di più, emancipato da rigide imposizioni: imparare una nuova lingua a piccoli passi, senza avvertire il peso del “dovere imposto”, con estrema facilità. Un pò come per noi adulti, quando col sorriso sulle labbra, svolgiamo un faticoso turno di lavoro: alzarti alle quattro pesa meno, se in ufficio trovi un ambiente gradevole e lieto; una battuta tra colleghi all’occorrenza, un’innocente risata!…Non sei meno professionale, se lavori in un clima piacevolmente propositivo, produci di più, perchè motivato. Ambita leggerezza, del non prendersi troppo sul serio, ingrediente che esula da rigidi schemi, false apparenze, ipocrisia. Un tesoro a cui ancorarsi saldamente, anche quando il vento, vorrebbe trascinarti in altre direzioni; mantenere in essenziali spazi di sé, l’aspetto giocoso del vivere la vita, appassionato, ciò che fa di noi, intimamente, delle persone serene e soprattutto mature…

A piccole dosi, buona leggerezza, siete d’accordo? 😉

 

 

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Essere mamma

Inizi a cogliere una piccola essenza dell’universo mamma, l’istante in cui i tuoi occhi scorgono sorpresi, ardentemente volute, quelle due lineette: felice, spiazzata, in silenzio. Tu, un test, le tue nuove emozioni.

Un primo raggio di sole, quel giorno: la penombra di uno studio medico, le tue vivide paure nascoste, (comuni a tutte le mamme) un monitor; sentir forte il cuore di tuo figlio battere all’impazzata e il tuo col suo! Afferri quel momento concretamente: lui è dentro di te, esiste…

Eccolo, vedi quel puntino che pulsa: è tuo figlio!”...

pancHai gli occhi lucidi, (già sei emotiva di tuo) nella tua neo dimensione, imparerai che tutto è emozione: un sorriso, una parola, (altro…)

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Non chiamatelo solo aeroporto…

Il lavoro è sacro, qualifica la tua persona;

è diritto sancito dalla costituzione, (in teoria) un mezzo per vivere dignitosamente, anche quando non rappresenta al meglio te stesso. In ogni caso merita rispetto, passione e talvolta una sana, scanzonata riflessione. In questo post, le mie personali considerazioni relative al mio ex impiego, svolto in un luogo di scambio, multiculturale, ignoto, movimentato, selvaggiamente dinamico: l’aeroporto. Parola immediata e suggestiva, nell’immaginario collettivo descrive: la partenza, l’arrivo, gli affari, le vacanze (indubbiamente per gli altri). Per te che sei dentro esprime: costanza, ricca dose di calma, dinamismo, alta tollerabilità allo stress; (nel vero senso della parola) sorriso spontaneo e un improvvisato mantra ‘zen’, dopo l’ennesimo vaffa gratuito, da un qualsiasi ben educato personaggio del momento. Uno sconfinato ‘habitat’, palcoscenico di avventure quotidiane talvolta spassose, altre invece ‘poco raccomandabili’. Un luogo curioso, dove appena assunta i tuoi amici si entusiasmano, perchè tu incontri ‘vip’ e principesse saudite dei nostri giorni, in effetti mai un Brad Pitt riflettendoci meglio! 😉

Spazio incontrastato del tutto è dovuto...’e alla svelta che parte l’aereo’, (alzarsi prima no eh?!) per i Yes please, ci pensano gli anglosassoni, li adoro! Giungla dove nei tuoi disinvolti cinque minuti di pausa, devi velocemente: recarti in bagno e contemporaneamente telefonare ai maschi di casa, ricomporre alla buona un detestabile, odioso chignon, rinfrescare il tuo sobrio make up dai toni neutri, e non dimentichiamo la colazione! Sei sveglia dalle quattro del mattino circa, alle nove e trenta devi pranzare: cappuccino a portar via e cornetto volante, il tutto degustato in corsa, negli sconfinati corridoi a mo’ di slalom, sotto assedio passengers. Individui legittimamente desiderosi d’aiuto: sei il loro miraggio nel deserto…

NY è in ritardo! La valigia distrutta! I bagni fuori uso! Dov’è un bancomat!” (proprio davanti a loro, questa è classica!) “I carrelli accettano solo i due euro, vergognoso siamo in Italia!“…Questo punto condivisibile o meno, è fuori luogo; scaricare la propria motivata frustrazione sulla prima che capita, e cerca di consumare un misero spuntino si può evitare 😉 In aeroporto esistono diverse aziende esterne, differenti mansioni, poco importa: hai una divisa, per niente fashion peraltro e devi rispondere ad ogni pittoresca richiesta, è insindacabile. Sei pagata per occuparti di tutt’altro, dato irrilevante; gentilmente cerchi di indirizzarli ai desk specifici, non ti ascolteranno mai! Chiederanno ad altri cento, prima di dirigersi dove tu, li avevi cordialmente guidati. Del resto…

L’Italia fa schifo e non funziona niente!” Atteggiamento che innervosisce un pochino. Certo non siamo esemplari, prima ad ammetterlo ne sono indignata, fuori luogo sfogarsi con una che sta lì per lavorare, esiste anche chi lo fa o ci prova almeno. Impensabile, il tuo essere in piedi dalle tre e quarantacinque, aver dato il latte al cucciolo, linda e pinta, aver intrapreso con i finestrini della macchina spalancati in pieno inverno, (onde evitare fasi calanti) una buia autostrada; tutto ciò per aprire un ufficio, perchè quello fai per vivere. Facile sentirti dire: ‘Ma come sei in forma!‘ Puoi mangiare quanto vuoi, il tasso di stress psicofisico, non ti farà prendere un grammo! Sinonimo indiscusso di varietà: atletici australiani, che lasciano per te numeri di telefono su di una ricevuta, dialetti mai sentiti prima, ‘venduti’ per lingua ufficiale, adorabili signori che con un grazie, ti illuminano la giornata. Aspetto selvaggio a parte, nel mio cuore è sinonimo di nascita: testimone del mio passaggio da ragazza a mamma, questo conta…

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“Aeroporto” è universo denso di incomprensibili conflitti, dove difficilmente troverai solidarietà femminile, attraversando le apparenze, incontrerai delle amiche sincere. Posto in cui, se ti assegnano umanamente turni in apertura per semplificarti l’esistenza, (anche perchè sono gli orari in cui si lavora di più) ti sentirai dire:”Che culo hai il giorno intero a disposizione!” Considerando che sei in piedi dalle quattro del mattino, con una dose di caffeina al limite del consentito, e torni a casa alle tre del pomeriggio, ho i miei dubbi 🙂 Una realtà in cui mi sono adoperata con fatica e impegno, col mio entusiasmo, non priva di cocenti delusioni e bocconi amari, un mondo a cui ad un certo punto, ho ardentemente cercato valide alternative; per una serie di scelte forzate e poco gradite è un capitolo chiuso, ma sono sollevata: nella vita bisogna guardare avanti, correndo qualche rischio, senza perdersi d’animo, sembra facile 😉 Le possibilità sono carenti, una piccola dose di audace trasporto serve sempre. Sono pro miglioramento: soddisfazione ambita per la coerenza di se stessi: bicchiere mezzo pieno che ne dite?

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E non chiamatelo solo ‘Aeroporto’ 🙂

Any

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Mi fido di me

Come recitano saggi detti popolari: fidarsi è bene, non farlo è meglio! 😉

Credere in se stessi invece, è la chiave giusta per approdare nel fantastico universo dell’autostima: luogo magico, in cui si superano limiti impensati, grazie alla fiducia ben riposta. Un sentimento puro, vincente, semplice, rappresentativo della verità: è conquista, duro lavoro, fatica, soddisfazione personale, tenacia, umiltà. Lontana anni luce dalla vuota presunzione e dall’aggressiva, debole arroganza; modi di essere basati sull’apparenza. La stima di sè, ha solide radici, è energia: pilastro di ciò che siamo, stimolo per mostrare ai nostri occhi le qualità migliori, e anche peggiori, utili a piccole dosi; una spinta a guardarci dentro liberi da pregiudizi: sinceri autori della nostra individualità. Preziosa alleata, svela le nostre abilità taciute, crea opportunità, ti guida intenzionalmente verso sorprendenti piccole, grandi vittorie personali. Sono certa che la maternità, giochi un ruolo determinante: per quanto mi riguarda, sono sorpresa di me, del resto se puoi far uscire un gigantino di quasi 4 kg puoi tutto 🙂

L’esser mamma amplifica le tue paure, stravolge la percezione del mondo, esalta il tuo saper amare, l’emotività, la grinta, la volontà; tutto ciò in modo umano, sbagliando con la propria testa, guidata dall’istinto, quello sano, che passa dalla fiducia nelle proprie attitudini al metterle in pratica. Ti trovi d’un tratto leonessa, nei panni di una tenera micetta 😉

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Fiducia in sè, è personalità, saper difendere le proprie idee, insegnamento assoluto per chiunque, significa non omologarsi e semplicemente distinguersi, è parte integrante della quotidianità. Cerco di insegnarla a mio figlio, in ogni avventura quotidiana, sorridendo insieme a lui delle piccole sconfitte e imparando da esse il nostro valore, saperci mettere in gioco e in particolare, non tradirci mai…

Alla prossima…





 

 

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Zampor: predatore da salvare

Un amico non si sceglie,

si incontra per caso, diventa parte della nostra vita, apprezzando in lui pregi e difetti, ciò che conta è il suo valore impresso nei nostri occhi, l’autenticità. Un amico si ama, soprattutto quando ha tattici aculei velenosi, e preda con nonchalance, qualsiasi altro pesce gli si presenti a tiro. Sì, avete letto bene ho scritto pesce!…Mi riferisco naturalmente, ad un esemplare mai visto prima: Zampor, affascinante predatore marino, protagonista indiscusso da tre giorni a questa parte, di favole della buonanotte e fantastiche avventure da condividere…

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Mio figlio, ha risolutamente deciso (la decisione è caratteristica per lui) che, il pesce in questione, è un suo nuovo speciale amico; come tutti gli amici che si rispettino, deve di diritto entrare al più presto in famiglia. Al cuor non comanda in effetti! Zampor, nome esclusivo scelto per lui dal terremoto, è un pesce scorpione, amabilmente tale…’Triste e abbandonato nella sua gabbia, non si può lasciar solo’…Parole inconfutabili. Il furbetto sa come motivare le sue scelte, direi che non fa una piega, come dargli torto? Senza dubbio, ha acquisito da qualcuno di non sospetto, l’innato senso per la giustizia animale e non; con due ‘atipici’ genitori ‘tipo’: la sottoscritta, pronta a trarre in salvo indifesi esemplari di cane e gatto, abbandonati in ogni dove, l’altro veterinario aviario ad honorem  😉 Naturale che Nic, difenda a spada tratta le più disparate specie animali. Poco convinta del futuro ospite, ho timidamente adottato superflui tentativi di persuasione:

Guarda come sono carini i Nemi?

Un blasonato pesce pagliaccio, non regge il confronto col tenebroso pesce scorpione 😉 Tra i due si è instaurato un autentico feeling, amore a prima vista; e poi, quanto amo io, saper genuinamente contento mio figlio? Appagante! A dirla tutta, questo insolito esemplare, ha il suo perchè: aspetto cupo e misterioso, aria fiera, sguardo imperturbabile, una vena di malinconia, caratteristiche che denotano una certa dose di fascino e personalità. 🙂 Fatte le dovute presentazioni, passo volentieri la palla al marito per il divertente aspetto tecnico: accurate attenzioni per l’acquario, allestimento pratico, manutenzione, cura degli esigenti ospiti…

Mai avuto a che fare con gli acquari marini?

Preparando con calma il nido acquatico, vi auguro una serena Pasqua, caratterizzata da armonioso benessere interiore, e voglia di essere ciò che si desidera…

Happy Easter 🙂

Happy Easter to you...;)
Happy Easter to you…;)

L’arte del saper personalizzare…

Any

 

 

 

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Roma e il child friendly?

Nata ai bordi di periferia‘…

Come narrava poeticamente ‘Eros‘; una periferia a cui associo nell’immediato, il baretto ‘sfigato’ sotto casa, un aggregativo ‘Roxy bar‘, quale nome altrimenti? Rifugio di molti, non il mio, io avevo l’altrettanto scarno e desolato muretto: testimonial di ricchi, fantasiosi, conflittuali racconti adolescenziali; autobus che ti lasciavano ore fiduciosa alla fermata, la tua scuola, perchè tu hai scelto l’indirizzo ‘strano’: in centro. Scene d’ordinaria follia sotto la metro, se la conosci la eviti! Tuo malgrado, la tua città, il luogo dove sei nata, a cui intimamente appartieni; quella terra culla di storia, bellezza, calore umano, immensa, al contempo maltrattata, disorganizzata, sconfortante, difficile. Lo stesso luogo, che nove volte su dieci detesti e quell’unica volta, tra il suo rovente sole, le sue rovine vivide, la sua unicità, ti rende per una piccola parte orgogliosa di lei.

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Una metropoli (altro…)

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