Di trasloco reale e trasloco virtuale

È un periodo intenso. Ma parecchio. Siccome se avessi programmato le cose per tempo non sarei stata io, mi sono ritrovata a traslocare il mio “studio provvisorio” e lo “studio rimasto a casa dei miei” nella neo-imbiancata mansarda nell’arco di pochi giorni. E, volendo essere onesti, non ho nemmeno finito: nel mentre ho dovuto sgomberare il bagno, spostare la mia roba per farci stare quella del pupo, svuotare qualche ripiano dell’expedit in cui ho ammassato vestiti in disordine per cinque anni.. e, soprattutto-mannaggia-a-me-che-accumulo, stirare.

Ah, nel mentre, quando sono troppo stanca per stare in piedi e salire/scendere le scale, mi porto anche avanti con le bomboniere, fiera di aver fatto qualcosa di creativo all’insegna del riciclo. Domenica scorsa poi, non contenta della vagonata di cose da sistemare in qualcosa che avesse un vago senso dell’ordine, ho dato via anche ad un secondo trasloco.

Questa volta virtuale.

Ho mollato la piattaforma di Blogger (con la quale avevo dei problemi su cui non sto a dilungarmi) per quella di Altervista. Non è che ci sia arrivata da sola dopo un attento esame della situazione, mi sono semplicemente fidata di Niccolò che per Altervista ci lavora. Ho vissuto bene o male le stesse identiche fasi del trasloco reale, ma disperdendo molte meno energie.

C’è stato il momento del check-pre-impacchettamento. Così come ho aperto i cassetti nelle scrivanie lasciate per cinque anni dai miei, ho fatto un breve giro per i post pubblicati nel lontano 2009, anno della sua inaugurazione. In entrambi i casi, ho trovato davvero di tutto. Cose imbarazzanti di cui non mi capacitavo.

Poi c’è stata la prima cernita. Esperienza per me sempre dolorosa, perché mi lamento del caos ma quando si tratta di ottimizzare, eliminando ciò che non serve più da tempo… i sentimenti nostalgici prendono il sopravvento. Eccomi quindi guardare con una certa commozione i cd dei driver di vecchie stampanti, vecchi sistemi operativi, raccolte di clip art dalla risoluzione infame che però, mi dico, potrebbero sempre servire. Poi, per una volta tanto, la mia parte razionale interviene violentemente con un NO. Secco. Perché va bene che rimanga il casino a casa dei miei.. ma nel mio attuale domicilio, in cui c’è già abbastanza delirio pur vivendoci da soli cinque anni, NO, NIET, NEIN. Idem per i post, certi sapevano davvero di diario-delle-medie o, peggio ancora, avevano uno stile da diario-delle-medie su temi non da diario-delle-medie (l’avevate capito? A me sta sulle palle lo stile “diario-delle-medie”).

Passata la prima cernita si è proceduto con la sistemazione in maniera logica e ordinata di tutto ciò che andava portato via dalla mia ex-cameretta (con somma gioia dei miei genitori). Coi post è stata questione di fare le categorie e di mettere i tag in un modo più funzionale, tipo evitando la coesistenza di Paisanottitudine e Paesanottitudine. 

Fatto ciò, pronti via col trasloco/migrazione. Dita incrociate perché niente, né nel mondo reale né in quello virtuale, venga perso.

Ricevuto il carico con grande celerità (sia da parte di Altervista che di mio padre, il quale aveva un tale desiderio di disfarsi delle mie scrivanie che avrebbe anche sacrificato un giorno lavorativo per portarmi tutto con il suo furgoncino), si è proceduto ad un altro check pre-sistemazione: col trasloco reale mi sono fermata lì, per dare precedenza alle cose del bambino. Con quello virtuale, che non richiede il continuo sali/scendi di due rampe di scale, sono andata avanti e sono prossima alla fine: post inutili –anche se con sofferenza– eliminati, post traballanti per significato o per forma messi in “da revisionare”, post che pensavo fossero già al top della sintassi e dei contenuti ulteriormente rivisitati. E pubblicati come “remake”.

Ora, con un po’ di sconforto, non mi resta che riporre in modo un po’ sommario anche le cose che ho lasciato in disordine nel mondo reale. Ovviamente tra una stesura di colla su un barattolo e la ricerca di bottoncini azzurri a bassissimo costo sul web. O tra una tutina e un camicino. O tra una bacinella di roba da stendere e un esame del sangue, vediamo di giorno in giorno cosa le mie vertebre lombari permettono di fare.. di certo mi ritrovo in piena sindrome del nido (quella per la quale una donna incinta deve mettere a posto ogni singola, piccola e inutile cosa ritenendola fondamentale per il corretto sviluppo del bambino.. mi fosse venuta prima, accidenti!) con un corpo che regge a malapena due ore di lavoro e poi invoca un letto o un divano.

Davide nel mentre partecipa dimenandosi nell’utero sempre più stretto. Ormai non scalcia nemmeno più, si stiracchia spazientito levandomi ogni tanto il respiro, specie quando sto parecchio seduta e finisco ad assumere la mia tipica posizione gobba da ipo-vedente. Manca meno di un mese e si accettano scommesse su cosa sarò riuscita a concludere. D’altronde, se il bambino arrivasse e tutto fosse perfettamente sistemato e in ordine no… non sarei io.

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.