Questione di organizzazione

Ieri ero al telefono con la Wenda.
La Wenda è una mia carissima amica, con due figli di cui uno partorito un mese prima che rimanessi incinta io; volendo potrei fare post a parte per spiegare le mille e una cose che ci accomunano, ma rimango a quel che ci siamo dette ieri.

A noi la casa in ordine non piace.

O meglio, come spiegavo, piacerebbe: chi non vuole vedere eclissata la polvere dai mobili, gli abiti perfettamente stirati, inamidati e ben riposti con millimetrica precisione nei cassetti? Quale madre non sogna giocattoli ordinatamente sistemati da qualche parte, in modo da non finirci sopra coi piedi quando hai una bacinella o un figlio tra le braccia? Quale essere di sesso femminile proprietario/affittuario di quattro mura eviterebbe di perdere preziose ore di vita nel rimuovere per l’ennesima volta le macchie di sapone dal lavello?

Credo tutte, anche voi che fate le fighe ribelli dicendo alle amiche che vivete nel caos più totale (poi però quando ci invitate a casa esibite appartamenti degni di Marie Claire Home).

Il problema è, e non credo di dire nulla di nuovo, che i figli portano inevitabilmente via del tempo.
E l’ulteriore problema è che se come me sei casalinga tutti si immaginano una vita sullo stile di Gabrielle a Wisteria Lane: un cazzo da fare se non nascondere una relazione col giardiniere (che non ho, dato che mi manca il giardino, e che non ho intenzione di avere manco venisse Rocco Siffredi in persona a curarmelo) e superalcolici a bordo piscina (che non ho e che se anche avessi non userei perché il poco tempo libero lo vorrei trascorrere senza soffrire per la ceretta). Quindi, anche quando appari sfatta, con una mise degna di una lesbica boscaiola, i capelli di Crudelia Demon e le occhiaie del panda, guardati dal dire che sei stanca. Altrimenti fai la fine di chi incappa in un raduno vegan con in mano il panino alla salamella e giacca di vera pelle.

Un giorno, tipo questo che ho iniziato spargendo la lettiera del gatto causa marito che poggia il sacchetto su una cesta di vimini (provocando numerose lacerazioni del medesimo e lo spargimento di cacca e sabbietta in cucina) e concluso con uno specchietto ed una ruota in meno alla macchina (causa colpo di sonno che fortunatamente non ha danneggiato nient’altro se non l’auto.. a riprova che, caz*oporco, sono stanca!), vorrei sistemarmi una GoPro sulla testa e inviare le 14 ore di filmato all’universo per dimostrare che “un po’ di organizzazione”* non basta.

[*Odiosa espressione proferita da madri che sono rimaste ai rimproveri di quindici anni fa, quando facevamo il liceo e spargevamo reggiseni e cd per tutta casa].

Ora, io ammetto tranquillamente che finché non sono rimasta incinta non ho avuto comportamenti maniacali riguardo la pulizia e l’ordine: quando mi attaccava pulivo con la precisione di una rupofobica, se no spazzata e lavata di massima, amen. Poi è arrivato il bambino e con esso la sindrome del nido più un impietoso Super-Io (visivamente incarnato nella figura di mia madre, che lavorava al mattino, puliva nel primo pomeriggio, faceva giocare le figlie nel secondo, cucinava la sera e crollava sul divano a inizio film) il cui scopo è soltanto quello di farmi sentire una madre pigra e inadeguata.
Per questo, prima di convincermi che facevo prima a lavare tutto con abbondante spolverata di Napisan anziché fare la bacinella a parte con roba del bambino (divisa per criteri che sfiorano l’autismo) son passati mesi, che se Davide è ancora vivo nonostante un gatto a pelo lungo in casa allora non è il caso di passare compulsivamente il guanto dappertutto e scacciarlo da sedie e divani che si è conquistato in quattro anni di vita con noi, che non si può continuamente spruzzare litri di Oust nella speranza di eliminare per sempre gli acari. Ci va una sana via di mezzo.
Tale via l’ho trovata al sesto complimese, quando ho realizzato che anche la più marziale organizzazione soccombe agli imprevisti (tipo il sacchetto di cui prima, il gatto che si nasconde nel passeggino e fugge nel cortile, il manico della pentola che cede o la caldaia che si spacca il 31 dicembre sera con marito di turno) ma ciò non toglie che il mio Super-Io (per inciso mia mamma con carré anni ’80 e camicia rosa a spalline larghe) sia sempre lì, in agguato.

Ad esempio, per spiegarvi che livelli organizzativi ho raggiunto in un anno, ho scritto un mucchio di liste: da quella delle massime priorità a quella con le scadenze più lontane; è inutile dirvi che riesco a portare a termine meno della metà delle cose anche se, a detta di fighissime pluripare blogger e matrone navigate, è tutto fattibile nell’arco di una giornata.

BASTA VOLERLO.

Ahahahahahahahahahahah, mavvaffancuore. Oh si, se il bimbo dorme (beate loro che hanno trovato il tasto stand-by al pargolo, io lo sto ancora cercando) posso preparare già alle sette del mattino il pranzo per me, stirare qualcosa, svuotare la lavastoviglie. Poi il bimbo si sveglia, seguono attività montessoriane e nel mentre che è concentrato (facciamo massimo cinque minuti?) posso passare l’anti-polvere o spiluccare il divano, perché non correre in camera a sprimacciare i cuscini, rifare i letti e sbatacchiare le coperte all’aria gelida invernale mentre sei ancora in pigiama? Nel frattempo si fa mezzogiorno, ho già “aperto” (si fa per dire, dato che la serratura è rimasta bloccata e manco Arsenio Lupin riuscirebbe a entrare) la porta al postino e a qualche venditore con la faccia di Courtney Love nei momenti peggiori. E non scordiamoci della pappa, perché l’ottomesenne gioca ignorandomi fino a quando non si accorge che mi sono spostata di un decimetro con conseguente “ma-ma-mammaaaa” disperato, così balzo dal tinello al salotto come un clown finché, tra un “babuiaaa!” e una piroetta riesco a scongelare il passato, lanciarci dentro l’omogeneizzato, grattugiare il grana e condire il tutto con olio d’oliva evo.

E chiaramente, mescolando, spargo pappa sul fornello che forse riuscirò a pulire quando arriverà a casa il marito (per le 15.30, nelle previsioni più rosee).

Ah, e se ve lo state chiedendo no, non ho nessun parente o conoscente fidato nell’arco di 130 km a cui lasciare mio figlio.

Certo, quando esco e il pupo si addormenta beato sul passeggino (in casa no, è vietato) potrei rientrare un po’ prima e lanciarmi nelle faccende che rimando da più tempo.
Però c’è il sole.
Gli uccellini cinguettano.
E anche quando mio marito è a casa, il sole e gli uccellini son sempre la fuori, a ricordarmi che sta tornando la primavera.
Poi guardare i bambini dormire provoca uno strano effetto soporifero.
Ed è così bello cazzeggiare per cinque minuti sul divano, col portatile o, che so, dedicarsi a qualche hobby cui eravamo affezionate prima di diventare mamme… a volte ricarica più quello che tre ore di SPA.

Così, concludendo, io e la Wenda conveniamo che tra i momenti passati insieme agli amori delle nostre vite (o a fare qualsiasi cosa che rinfranchi lo spirito, fossero anche solo le parole crociate) e quelli in mezzo a camicie da stirare vincono indiscutibilmente i primi.

Tra i minuti passati a gironzolare per casa col pupo in braccio e quelli sui sanitari col Calfort, idem.
Tra le ore in giro a fissare Davide che osserva meravigliato le fronde degli alberi e quelle dedicate a riordinare una casa che comunque a fine giornata è di nuovo in disordine, pure.

E se il bambino si addormenta dopo la poppata mattutina, mi riaddormento pure io con quel tenerissimo suono che hanno i suoi versetti mentre si rigira tra le coperte, quel modo buffo di avvicinarsi con la testolina al mio petto (a volte proprio sotto l’ascella, a suo rischio e pericolo), quell’espressione beata di chi è felice con niente.
Sono cose che mi mancheranno, un domani.

Per la casa perfetta da provetta desperate housewife c’è sempre tempo 🙂

P.S.
Si, siano benedetti lo smartphone ed il WiFi che ti permettono di vedere cosa capita nel mondo la fuori o di non addormentarti con la fronte sulla sbarra del lettino mentre tuo figlio fa contorsionismo anziché dormire.

 

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.