Prima o poi.. ce tocca.

Eh già, fino a quando non sei arrivato era facile dirlo.

“Ah io non romperò le palle ai miei figli, sarò una mamma moderna: giocheranno finché avranno voglia, niente rotture tipo fai-il-bravo-bimbo, niente orari fissi, niente costrizioni, basta scuole e metodi educativi dei tempi del fascio, viva la spontaneità dei bambini, capiranno e impareranno quando saranno pronti!
E poi non li costringerò a battezzarsi, non gli imporrò l’ora di religione, niente menate di arrivare vergini al matrimonio, anzi, potremo parlare apertamente di sesso ed io sarò confidente, non giudice.
Potrà vestirsi come vuole, non ho pregiudizi: metallaro, rappettaro, hipster, chic… quel che desidera, basta che si senta a suo agio. I capelli? Che se li colori. Fumare? Provi, faccia come ho fatto io, che quando ho visto che i miei non mi dicevano nulla ho perso interesse. Fare i secchioni? Il liceo e l’università? Ma per favore, che si godano la vita, che è una sola, che poi quel periodo li rimpiangi di averlo passato sui libri, ma si, che si divertano che per annoiarsi ci penseranno quando inizieranno a lavorare.. tanto di gente che ha fatto le professionali ma s’è laureata ne conosco, e poi tutti quelli che avevano i voti bassi sono diventate persone di successo.. il segreto è il carattere, ed io punterò su quello, zero sensi di colpa, zero menate… mio figlio sarà libero di sbagliare e di seguire le sue attitudini”.

Poi è arrivato mio nipote.

E già li ho capito la storia degli orari: è necessaria, per te e per lui. Diciamo per motivi prettamente organizzativi. Si però se non vuole fare il sonnellino al pomeriggio non lo costringerò, eh, ok se sarà stanco, ma se vorrà giocare..
Poi, quando ha cominciato a fare i normali capricci da treenne, mi sono anche resa conto dell’importanza delle regole. Bene, che siano poche ma buone.. proprio perché viviamo in una società e dobbiamo comportarci tutti a modo.
Il sesso? Non ho cambiato parere.
La religione? Idem.
La scuola? Come l’ho sentito dire “che palle” riguardo le lezioni m’è venuto spontaneo dire “Ma come??? Che palle? Ma tu devi studiare, è per il tuo futuro!! Vuoi mica ritrovarti a fare l’oper…” e mi si è stretto il cuore. Avevo più volte dichiarato che i miei figli avrebbero potuto scegliere di fare tutto, dall’operaio al medico, perché sono lavori di tutto rispetto anche se pagati diversamente.. eppure, già solo per mio nipote, ho tirato fuori quella frase detestata e sentita fino allo sfinimento: studia, che ti trovi un buon lavoro e porti a casa un bello stipendio.
Che fine aveva fatto la distruzione di questi concetti borghesi? Boh. Avevo venticinque anni, un lavoro che non mi dava tanto al mese.. ma mi rendeva felice. Perché ho iniziato a pensare che comunque era meglio che i miei figli facessero legge e diventassero avvocati penalisti?

Poi è arrivata l’altra mia nipote.
Che, facendo il nido fin da subito, era già in grado di mangiare da sola e di ritirarsi i giochi. Molto meglio che stare a raccogliere pezzi di cibo in giro per casa, imboccare con una mano e portarti il cibo alla bocca con l’altra, decisamente meno snervante che ritirare io i giochini per i pargoli svogliati. Si, ‘ste stramaledette regole servono.
Evviva le regole e l’educazione.
Ed essendo una bambina ho storto il naso al pensiero di vederla in minigonna, anche se diciottenne e vaccinata; di riflesso ho pensato che se dovessi avere una bambina vorrei vederla il più possibile con i pantaloni, piuttosto che con le gambe scoperte, vorrei evitare che tornino le mode di quando ero giovane io (jeans a vita bassa, magliette corte e conseguente culo di fuori, tutte cose detestate da mia madre ed indossate -proprio per questo- con orgoglio), inorridisco all’idea che prima o poi avrà le sue esperienze sessuali (quelle che mi hanno aiutata ad essere sicura di me e del mio corpo) e mi si stringe il cuore sapendo che prima o poi si innamorerà di qualcuno che me la porterà via (si, quell’amore grande che ho sempre sognato, che ho avuto la fortuna di trovare e col quale ho concepito questo/a pargolo/a).

E, poco alla volta, sono arrivati i figli di amici e conoscenti.
Che mi hanno confermato la storia della buona educazione (tutt’ora non sopporto i genitori che non han voglia di fare i genitori), degli orari (un bambino poco riposato si scazza e scazza anche te), delle buone regole e degli scapaccioni (quelli dati piano eh, di pura rappresentanza).
Ho visto gente che mai avrei pensato mandare i figli in chiesa, al catechismo, far dire loro preghierine prima di andare a dormire. Donne che hanno avuto capigliature punk ora vestono i figli come i manichini della Benetton, in barba alla voglia di distinguersi dalla massa, mamme e papà che ne han combinate di cotte e di crude ora son li che sudano per far venir voglia di studiare al bambino.
Si, quelli che, assieme a me, spergiuravano che mai e poi mai avrebbero costretto i figli ad una frustrante e sfiancante corsa al voto alto.

Ora, in fine, sta per arrivare il mio erede. (Lo definirò così finché non ne scoprirò il sesso).

Che per ora è un affarino che pesa quanto un’arancia, immerso in un confortevole liquido amniotico che manco lontanamente gli fa immaginare cosa lo stia aspettando la fuori.
E mentre mi accarezzo il pancione e gli parlo del più e del meno, penso che la via sia proprio una grandissima beffa.

Cos’è rimasto di quella ragazza ventenne che non voleva piegarsi alle regole e alle imposizioni? E delle mie promesse riguardo l’essere una madre che non rompe?

La verità, piccolo mio, è che dobbiamo essere genitori-che-rompono. Noi ci siamo già passati, vi amiamo e vorremmo che seguiste i nostri consigli (anche quelli più pallosi) solo per evitarvi un mucchio di delusioni e sofferenze.
Quindi che tu intenda prenderti una laurea o un diploma alle professionali, ti stresserò lo stesso perché dia il massimo e non ti accontenti di un sei dato per pietà. Anche se sarai un meccanico (cosa che mi auguro dato il mio pessimo rapporto coi motori) ti romperò perché tu sappia coniugare i congiuntivi, legga qualche libro o rivista.. perché credimi, l’ignoranza è una brutta bestia e quello in cui capiterai è un mondo di furbi e sgamati. Un cervello funzionante serve sempre. Quando sarà ora parleremo di sesso, per quanto mi costerà fatica ammettere che sei diventato grande; mi taglierò la lingua quando troverò antipatica la tua “simpatia” (oddio, ho usato proprio questa parola!) a meno che non sia proprio inaccettabile, non ti impedirò di colorarti i capelli (anche perché son sicura che dai nonni troverai un mucchio di foto mie con cui farei la figura dell’incoerente) ma ti ripeterò fino alla nausea che mi fan cagare, litigheremo sul vestiario e tirerò fuori il termine “decenza” ogni tre parole.
E si, arriverò anche a dire: “tu, conciato così, non esci di casa“.

[Sperando sempre che nel mentre io trovi le tracce compromettenti della mia adolescenza e le bruci per tempo].

Infine, ti battezzerò e seguirai l’iter religioso di quasi tutti i cattolici.. magari tu avrai più fede di me e sentirai l’esigenza di rivolgerti a Dio, chi lo sa. Se sarà una tua scelta libera non ti fermerò, né se vorrai continuare, né se vorrai smettere.
Ti ho detto tutto? Mah, chi lo sa, queste sono le premesse, poi vedremo.. sicuramente improvviseremo lungo il cammino, purtroppo non esistono scuole per diventare i migliori genitori del mondo.. e credimi che ne vorrei una ogni giorno che passa, in modo che tra un “che palle mamma” e un “tu non mi capisci!” ci scappi sempre un “ti voglio tanto bene“.

Ah, per finire in tristezza, chiudo citando lo status di una mamma che lessi molto tempo fa; all’epoca scoppiai a ridere, ora che sei in arrivo.. beh, rido un po’ meno.

Ritrovarsi a dire ai tuoi figli quelle frasi a cui, anni fa, rispondevi con “che palle, mamma!”. Eh si, signori miei, la vita è una ruota che gira e, prima o poi, ce tocca.

P.s. Allego anche foto del pancino. Che, curiosamente, su FB fa più “mi piace” che foto di tette e culi.

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.

6 Risposte a “Prima o poi.. ce tocca.”

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