Pheeghe 2.0

Ormai una decina di anni fa iniziavano a diffondersi a macchia d’olio i primi, rudimentali social network.

Le community online, dove gli iscritti si mascheravano dietro a fantasiosi nick name (che mandavano solitamente in vacca tutto il fascino del rapporto nel fatidico momento dello scambio della foto), si stavano poco alla volta trasformando in un raccoglitore digitale di persone che finalmente dichiaravano la propria identità, in modo che noi, povere donzelle iscritte a cose come C6 o ICQ, potessimo bloccare immediatamente i casi umani che già ci tormentavano nel mondo reale.

Hip hip urrà, c’è venuto da pensare: niente più rischi nel raccontare i nostri tormenti d’amore a Pottux33x, sul web un intrigante uomo in carriera dalla rocambolesca vita erotico-sentimentale (il 33 infatti non è messo lì a caso) ma nella realtà un impacciato fruttivendolo che non spiccica parola manco con le clienti più fedeli.

[E che, per onestà nei confronti delle rimorchiate, dovrebbe levare quel fuorviante 33 dal nickname].

Tuttavia c’è ben poco da gioire: le incongruenze tra come alcuni casi umani si dipingono sui social e come poi appaiono nella realtà continuano tutt’ora a fiorire e, quel che è peggio, i suddetti casi umani perseverano imperterriti, convinti che nessuno, nemmeno il peggiore degli utonti, se ne accorga.

Se da un lato trovo la cosa a metà tra il fastidioso ed il patetico, dall’altro invece mi incuriosisco parecchio e sono quasi certa che potrei migliorare molto la mia autostima se solo dedicassi anche io un po’ di tempo a trasformarmi in una pheega 2.0.

Per esempio, l’altro giorno ho tagliato i capelli. A parte che avrei dovuto annunciare la cosa con un certo alone di mistero usando status tipo “voglia di cambiamento nell’aria” o “è ora di dare un taglio alla vecchia me, rinascere per sentirmi più leggera e fresca” (effettivamente ho tagliato due terzi della mia chioma proprio per il caldo, ma scriverla così faceva pecoreccio); avrei dovuto mettere un selfie pre-taglio (invece ne ho messo uno pre ed uno post taglio condiviso con mia sorella, che è venuta con me dalla parrucchiera), il video del momento in cui la mia chioma cadeva a terra con tanto di urletti e risate in sottofondo, un selfie con finta espressione preoccupata, un altro che immortalava me e parrucchiera dietro a scalarmi i capelli ed infine uno con la chioma appena sistemata e tutta la clientela dietro a salutare (scattato con l’apposito bastone). Dopo, come prassi, i ringraziamenti alla parrucchiera (che ho fatto perché -momento vanità- mi ha proprio reso pheega) ed uno status stimolante che smuovesse curiosità, tipo “Prima rivoluzione andata, adesso passiamo al resto!”.

Perché la pheega 2.0 è così, vive smartphone alla mano con l’ansia di raccattare pollici in su, con qualsiasi scusa, per colmare quella voragine che ha al posto dell’autostima.

[Precisazione: io sto parlando al femminile ma declinate pure al maschile perché la pheegaggine 2.0 è di tutti].

La pheega 2.0 anzitutto è “piena” di “amici” (uso le virgolette per sottolineare l’eufemismo): ogni due per tre scova un link sull’amicizia e tagga dalle 50 alle 70 persone (sempre diverse) ringraziandole di averla capita per quello che è veramente e di esserle stata sempre vicino. Si, anche lui, il tizio conosciuto la settimana prima al bar che la ha solo chiesto se voleva il ghiaccio nell’acqua tonica, non importa, perché ponendole tale domanda ha dimostrato di avere molto più sentimento per lei rispetto a sto mondo pieno di str*nzi; se proprio proprio tagga anche la compagna dell’asilo che non vede dall’86, l’importante è far numero per far vedere al mondo che non è sola.

Cosa che nella realtà dei fatti il più delle volte è.

Per la pheega 2.0 è di vitale importanza mostrare a tutto il web che si diverte abbestia

Vai quindi di privacy pubblica (le pheeghe 2.0 devono far sapere soprattutto a chi non hanno tra i contatti quanto sono pheeghe!) e foto con tag anche al cameriere che sta servendo l’impepata di cozze venti tavoli più in là, sai mai che tra i contatti abbia l’ex delle medie a cui ci tiene far vedere che la sua vita è andata avanti dalla brutta delusione del ’97. Anche lo status dev’essere all’altezza, vai quindi di frasi che manco le quattordicenni alla prima volta in discoteca, tag di quelli già taggati nella foto (che verranno taggati altre ventisette volte nel resto della serata), aggiornamenti del livello etilico della serata ogni dieci minuti, foto dei cocktail (con il corrispettivo tag, chiaro), foto delle scarpe, foto di qualsiasi cosa capiti a tiro in modo che ti sia chiaro, guardando la bacheca ormai monopolizzata dalla suddetta, che si, lei si sta divertendo alla grande.
Che poi, fosse davvero così, felice per la pheega, ci mancherebbe, meglio assistere a un tripudio di allegria anziché status-lagna e link da cinquantenne in crisi ormonale.
Il fatto è che quando sei presente allo stesso party, la pheega 2.0 te la ritrovi li, seduta in solitudine a dattilografare i suoi comunicati stampa su Facebook, Twitter e Google+: no, non sta interagendo, no, nessuno le chiedere di scattare foto (anzi, spesso partono minacce di morte volutamente ignorate), no, nessuno scherza con lei. È semplicemente una stalker con uno smartphone in mano che scatta e carica a nastro per tre ore di fila.
Mi sembra scontato dirvi che nonostante la serata l’abbia trascorsa in questo triste modo lei poi scriverà cose come: “Oh raga ieri sera è stato fantastico, da rifare assolutamente!”.

E si, taggherà tutti per la ventottesima volta.

Inoltre la pheega 2.0 coglie quelli che per ognuno di noi sarebbero dei comuni momenti giornalieri come occasioni di auto-promozione

Lei non mangia un’insipida insalata, fa la carica di vitamine e sali minerali per prendersi cura di sé stessa (sottolineata da foto scattata con instagram iper-editata, tanto da supporre che quella poltiglia non sia rucola ma delle frattaglie bovine); non fa la coda in posta per fare la postepay, esce per sbrigare importanti e affari e “mettere firme”; non va al cesso, si depura dalle tossine. A volte la situazione scappa un po’ di mano, tipo che la decina di esami della sessione invernale si trasforma in “ultimo esame bastardo che nessuno passa ma io ce la farò!”, oppure l’invio di un curriculum magicamente diventa un contatto da parte di un’azienda leader nel settore, o anche che l’esame del terzo anno del conservatorio diventi un diploma vero e proprio. Fa niente se poi si passano altri tre anni a dire che “sto dando l’ultimo esame”, “devo solo andare a mettere la firma e sono assunta” o che il livello delle proprie esibizioni musicali non sia esattamente quello di uno che ha il diploma: per uno stronzo che scopre gli altarini c’è sempre un fesso appena conosciuto che ci casca.

La domanda sorge spontanea: fino a quando si può andare avanti così? Tenendo conto della teoria dei sei gradi di separazione e di quanto è veloce l’informazione nell’epoca dei social, quanto ci vorrà perché le differenze tra ciò che sei e come ti descrivi vengano fuori? Ma soprattutto: ci si rende conto che la triste reputazione del cazzaro-da-bar è dietro l’angolo?

NO

Se c’è una cosa che ho imparato osservando queste persone ricche di disagio è che l’ansia di dimostrare al mondo, ma soprattutto a loro stessi, quanto si divertano è di gran lunga superiore alla paura di figure barbine. La loro bacheca è la rappresentazione di quello che anelano essere e se togli loro quei quaranta selfie giornalieri con conseguenti like e commenti li uccidi.

Cosa che infondo non mi dispiacerebbe. Però ammetto anche che questa dose di faccia di tolla, incoscienza e ingenua stupidità, un po’ gliela invidio perché ogni tanto è anche giusto valorizzarsi e pisciare un pochino più lungo, giusto per sopravvivere in questo triste mondo fatto di apparenza e followers.

Ma si, dai, ci penserò un po’ su.

Ora però scusate, devo lavarmi via la stanchezza e le negatività prendendomi cura di me stessa e del mio io interiore, ricaricando il mio entusiasmo verso la vita e sentirmi pronta per questa spettacolare serata ricca di musica e cultura che mi attende!  vado a farmi la doccia che dopo ci facciamo un giro all’Alpàa di Varallo Sesia 🙂

Pheeghe 2.0
Illustrazione post Pheeghe 2.0

 

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.

2 Risposte a “Pheeghe 2.0”

  1. Grazie! Certo, già visitato e commentato un post che mi tocca nel profondo.. i saldi! Buona serata!

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