Ora che di tempo ce n’è

Non voglio scrivere niente di trascendentale su questa quarantena.
Un blog non è la sede adatta e poi ci han già pensato tutti (ma proprio tutti, ahimè) a dire la qualunque sul covid-19. Sarà che abbiamo molto più tempo per dire la nostra sui social, forse troppo, forse questo tempo che nel bene o nel male ci è stato dato dovremmo impiegarlo per fare qualcosa di edificante, in attesa che chissà, qualcosa si smuova.

Perché si, ora di tempo ce n’è.

Ripeto, non voglio dilungarmi sul coronavirus anche se, scrollando la mia bacheca di Faccialibro, di cose ne avrei da dire (o manate in faccia da dare, a seconda dei casi).

Però ora, che di tempo ce n’è, posso procedere con una serie di seghe mentali lievemente abbozzate nel tempo e che ora ho ben definito.

Del mio rapporto coi social, ad esempio

Che all’inizio era una curiosità, poi quella gioia di ritrovare tutti (ma proprio tutti), dai vecchi compagni di elementari, le richieste d’amicizia a valanga, i “ciao come stai, che piacere vederti”. Poi è stata, lo ammetto, la soddisfazione di vedere la stempiatura avanzare sugli idoli dei campetti dell’oratorio, la panza flaccida delle ex fighe di paese, la consolazione (pessima, lo so) di leggere gli scleri di quelli che sembrano perfetti.

O la sensazione di non essere poi così lontana dagli amici lasciati tra le risaie quando sono partita.

Poi è venuto il periodo in cui suonavo e viaggiavo, delle foto da far vedere, dei commenti volutamente minatori, dell’ostentazione e del dimostrare a chi mi aveva sempre deprezzata che valevo qualcosa, oh se valevo. Dopo sono passata alla missione di sbufalare i link, i flame ed infine l’odio verso l’umanità e la noia di leggere cose che per il 90% fregacazzi proprio.

E adesso, che ho un botto di tempo, ho sfoltito senza ripensamenti la mia lista contatti.

Di come io stia bene senza la gente

O meglio, senza il rischio di incorrere nel giudizio altrui.
Senza le mamme ansia del parco, senza dovermi preoccupare se si vede che ho messo su peso perché devo vestirmi per uscire, senza quel dispiacere nel guardare il vestito in cui vorrei entrare per il prossimo live, senza la prova costume, senza spiagge in cui mettere il costume, senza il mio super-io che mi smarona su quante figure dimmerda mi sono fatta in giornata e nei secoli dei secoli amen.

di come io stia bene senza aver l’ansia del fare qualcosa

Che non ho un planning da rispettare, oggi voglio modellare la creta e lo faccio, poi gli acquerelli, ora non c’ho sbatti di pulire il bagno e lo farò dopo, che tanto non c’è da andare da nessuna parte se non fare la lezione di canto via Skype (e poi tenterò quella con la psicologa, magari nascondendomi nell’armadio per avere l’intimità che mi serve).

E pure di come adesso siamo tutti uguali

Anche gli amanti del posto ergo esisto, quelli che sbandierano aperitivi con millemila amicissimi, attività alternative e tutte quelle cose che vorrei fare ma dovrei avere le giornate di 48 ore. Adesso siamo tutti a casa.
Non c’è lo shopping, la pedicure, la sauna, la conferenza nell’hotel di lusso a farvi più belli.
Siamo tutti a confronto con la nostra vera natura, senza gli orpelli a cui ci si aggrappa per sentirsi meno vuoti.

Ora che di tempo ce n’è ho ripreso in mano qualche libro

Ed è una sensazione bellissima quella di potersi fermare davanti alla libreria della camera, dove avevo ammassato libri mollati a metà o mai aperti proprio. Non c’è alcun senso di colpa nel sedermi fuori, sulla poang che ho appositamente portato in cortile e perdermi sulle vicende dei serial killer italiani, che tanto ripeto: il bagno posso pulirlo anche dopo.

C’è una certa difficoltà a concentrarsi dopo anni di letture rapide mentre si è in bagno ma dopo due pagine entro nel flusso e divoro capitoli su capitoli.

Ora che di tempo ce n’è ho ripescato tutte le ricette salvate nei preferiti

A seconda della fruibilità del lievito, rivelatosi ormai uno status symbol, sono partita dalla focaccia e dal pane e credo anche di capire il perché tutti si lancino nell’antica arte dei panificati.

Sculacciare l’impasto è una figata.

A metà tra il piacere sessuale e lo sfogo di istinti omicidi, affondare le mani nell’impasto, stirarlo, schiacciarlo ed infine dare schiaffi a quella palla bella soda sì, ti rimette al mondo.

Fate quindi il pane, non la guerra.

C’è poi il capitolo dolci ma lì non c’è nulla da sculacciare, al massimo c’è da ipnotizzarsi con lo sbattitore elettrico che monta le uova.

Ora che di tempo ce n’è, stare con Nano è diverso

non sempre rilassante

Perché l’asilo i figli te li fa arrivare a casa belli stanchi, poi magari c’è lo sport, il parco giochi o il pomeriggio dall’amichetto. Qua ci siamo solo noi e noi non abbiamo né l’entusiasmo dei loro coetanei (per quanto alle volte sia esaltante vincere ai giochi di società) e tantomeno il loro recupero atletico.

A Nano manca il suo amichetto del cuore e mi rendo conto che non sono in grado di capire e condividere il suo amore per i Pokemon per quanto mi sia impegnata. Amen. Qualche giorno fa l’ho ammesso: “non mi sono mai piaciuti”.
Ed ho perso il premio mamma dell’anno 2020.

e C’è molto di cui parlare

Racconta di più dei suoi compagni, dei dispetti, di come sta quando è in classe. Così mi sento una merda perché spesso vedo solo un bambino che sbaglia e che deve correggersi al più presto per essere ben inserito nella società, poi penso al mio comportarmi correttamente (a volte con estrema fatica) con amici e parenti e ai calci nelle gengive che mi sono tornati indietro e mi verrebbe da dire “lassa stà, fai come ti viene che è meglio”.

Ma non lo faccio, mannaggia la miseria.

E c’è anche molto da condividere

Basta non fare la montessori de noantri arrivando col piano educativo innovativo e sottoporglielo con parole melliflue per convincerlo che manipolare la pasta di mais renderà la sua manualità fine superba. Ho già visto che non funziona.

Il trucco è che mi devo mettere io a fare una cosa con nonchalanche allora lui arriva, osserva, finge disinteresse ma tempo tre secondi mi chiede di partecipare.

Fermo restando che a lui fagli fare tutto meno che colorare e disegnare grechine.

c’era bisogno di coccolarsi

Che mi do la colpa che sono troppo preoccupata per il giudizio delle maestre, degli altri genitori e di quelli che sono intorno a noi quando Nano disobbedisce con tutte le sue forze. Poi lo vedo in questi giorni, a casa, con noi ed è un adorabile bambino che gioca, chiede scusa, permesso, che se mi fa piacere posso mangiare un pezzo della sua focaccia..

E quando sono così levo tutta quella patina di merda che mi porto dietro e me lo godo come quando aveva pochi mesi .

Perché ora che di tempo ce n’è posso ricordarmi di essere felice.

Perché togliendo tutto il superfluo che ci fa sentire stupidamente meglio o peggio degli altri ho una famiglia unita, che a Pasqua si fa il pranzo connessi via Skype, un Marito meraviglioso, un bambino che adoro, la fortuna di avere la salute, un tetto sulla testa e dei compagni di suonate che non mi fanno restare mai senza tracce da registrare.

Tutto il resto può aspettare.

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.