Mio figlio morde

Mi avessero detto che Nano era scappato rubando il furgoncino del servizio mensa per rapinare una banca, mi sarei stupita di meno.

-Suo figlio morde-. 

In un momento a caso della giornata aveva azzannato un bambino a caso della classe e l’aveva morso in un punto sempre a caso, forse sulla gamba o sulla pancia, senza capire minimamente la gravità del gesto.
Così.

Tipo Hannibal Lecter.

E da brava mamma-segaiola-mentale ho iniziato a darmene la colpa

Periodo difficile, inserimento andato bene ma dopo due settimane il rifiuto totale alla nuova scuola, alle nuove maestre e ai nuovi compagni.

Insomma mio figlio, un bambino socievole e particolarmente paraculo, era diventato una bestia di Satana.

E se avessi cercato meglio tra le materne nel raggio di 5 km? Se avessi mantenuto fede ai miei propositi inscrivendolo in un asilo montessoriano? Se avessimo sbagliato a seguire la disciplina dolce? E se “il metodo della nonna” (ciabatta lanciata con la precisione di un cecchino, per intenderci) tanto contestato fosse invece stato l’unico valido? Tipo che dovevo dare ragione ai miei?

Ma ero solo agli inizi.

Gli episodi si ripetevano ed i dubbi si intensificavano: e se la sua fosse una reazione a dispetti e prevaricazioni? Nulla di grave, eh, bastava fargli capire (da leggersi con tono ottimista) che se capitava qualcosa doveva andare dalla maestra e dirglielo.

“Ma Nano neanche parla” mi comunicò una delle insegnanti mentre l’altra iniziava a teorizzare un ritardo mentale che sarebbe diventato un mantra ripetuto finché non abbiamo avuto tra le mani una perizia redatta da rinomata psicologa infantile, il cui giudizio era: intelligenza medio-alta, ma non c’ha sbatti.

[“…Si ricordi signora che comunque Nano ha solo tre anni“]

Mentre ogni giorno mi cospargevo il capo di cenere con mamme e parenti di vario grado degli altri bambini sempre meno pazienti e comprensivi, leggevo articoli, domandavo a chi ci era già passata (“rassegnati, a un certo punto smette da solo”) o ricevevo consigli dalla saggezza popolare (“e tu mordilo, così capisce che fa male!” cit. nonnina del posto, “mio nipote ha smesso quando altro bimbo tirato pugno forte in faccia…ora da’ solo testate!” cit. ottimista mamma russa).

I pareri più autorevoli comunque convergevano tutti su un semplice “è una fase, poi passa”.

Infatti Nano, nonostante discorsi, castighi e minacce (si, prendemmo una piccola pausa dalla disciplina dolce) continuava. Ed io, di fronte dai bollettini di guerra della maestra, mi sentivo sempre più una mamma inadeguata.

Ed arrivarono anche le minacce.

“Se tuo figlio non smette allora faccio casino eh! Perché questa cosa non va bene!” Tuonò la prima madre.

Ci provai ad abbozzare quanto già spiegatomi dalle maestre, dalla psicologa e dai numerosi articoli in merito a morsi &co. ma MammaAnsia (che si era già distinta in chat e fuori per eccesso di “zelo” nelle discussioni), dall’alto del suo metro e ottanta, non cambiò di una virgola il suo sguardo torvo.

Le maestre continuavano a ripetermi: “deve maturare, voi fatelo parlare il più possibile a casa, deve verbalizzare quel che prova“.
Anche io volevo verbalizzare le peggio cose ma fortunatamente facevo yoga due volte a settimana… E nel mentre che salutavo il sole mi domandavo: “ma poi, cosa si intende per far casino? Cioè, che casino vuoi fare se un bambino di tre anni ne morde uno di quattro?“.

Ci furono anche più avanti MammaKillBill e PapàKillBill: la prima che chiedeva il ritiro dall’asilo, il secondo che voleva denunciare. Richieste talmente assurde che suscitarono in Marito un istantaneo sguardo da MaSeiSerio? ed in me una tal dose di nervoso per tutta la faccenda morsi che dovetti camminare a velocità sostenuta per un’ora abbondante pur di non commettere un duplice omicidio plurimo aggravato.

A tal proposito

nel mentre che PapàKillBill avanzava le minacce Nano e suo figlio stavano giocando assieme, ignorandolo completamente.

E, sempre a tal proposito

MammaKillBill s’è presa la lavata di capo dalla maestra, durante il consiglio di classe.

[Ma lungi da me il gongolare].

Ed arrivò anche l’inquisizione nella chat di classe

a seguito del segno di un morso che non era stato segnalato dall’insegnante. Venne mandata la foto del livido con la richiesta di domandare ai bambini chi fosse stato e dalle risposte potei chiaramente dividere le mamme in: mamme intelligenti (MI) e mamme diversamente intelligenti (MDI).

Le MI liquidarono dicendo di parlarne l’indomani con le maestre.

Le MDI intasarono la chat di lamentele verso le maestre che non fanno il loro mestiere, frasi gentili per definire Nano un bambino problematico che andava controllato e amenità varie che alla sera mi provocarono un attacco di panico che mi sembrava di essere tornata alle medie: quella sbagliata (ora col figlio sbagliato), sola contro una classe (contro le mamme della classe) sotto una pioggia di giudizi dati da gente che boh, è tanto migliore di me?

Perché mentre mettevo a nanna Nano dopo avergli tolto le macchinine preferite, proibito di giocare col telefono, guardare i cartoni, spinto tutto il giorno a dire chiaramente cosa gli serviva senza l’uso di gesti, fatta la lavata di capo e quasi implorato (con le lacrime in canna) di smetterla di mordere, sorgeva il quesito: ma possibile che solo io abbia un figlio molesto?

Voglio dire, ancora adesso, quando vado a prenderlo, nel mentre che attendo che raccolga disegni e maglie/felpe/roba che si è dimenticato da giorni nel suo cubetto, li sento i “bollettini di guerra”: Tizio ha spinto, Tizia ha menato l’amichetta, Caio ha preso la testa del compagno per farla sbattere sul banco, Altro si è lanciato dalla sedia, Altro Ancora ha gettato all’aria i giochi… cose che i bambini fanno, marachelle di cui anche i bambini più tranquilli alle volte sono responsabili.

Per non dire di cosa può accadere al parco, a casa, dove non posso (e onestamente non voglio neanche) sapere.

Certo, il morso fa male, lascia un segno ben evidente, fa effetto lo stampo dei denti a confronto di un livido. Ma Nano finiva in punizione all’asilo, a casa, chiedeva scusa all’asilo, chiedevo scusa io. Com’è sempre successo tra persone civili da quando esiste la scuola materna. E rimanevo ulteriormente allibita se pensavo a quello che vedevo tutte le mattine: Nano che arrivava e iniziava a giocare cercato dagli altri compagni.

Non un “è arrivato il cannibale”, “scappate c’è quello che morde”, “vai via!”

A riprova che i bambini a volte superano i loro genitori in empatia e intelligenza.

Poi potrei ulteriormente tediarvi

Con la sacrosanta incazzatura della maestra con MammaInquisizione che, per tutta risposta, insisteva nel farle vedere la foto e nel giustificarsi che non voleva mettere in croce me o Nano, ma solo sapere la verità.

Potrei dirvi degli altri cinquanta messaggi di approfondimento indagini delle MDI che si domandavano chi avesse osato rivelare il contenuto della chat-delle-mamme, di chi ha serenamente ammesso di averne parlato con le insegnanti, di chi ha consigliato di “farsi furbe” che quello che succede nella chat resta nella chat (tipo come a Tijuana) e di chi ha vinto tutto dicendo che se l’andazzo era sta valanga di messaggi al giorno ne usciva che non aveva tempo da perdere.

O concludere con la rappresentante che riceveva l’ordine dalla direttrice di usare la chat della classe solo ed esclusivamente per le cose inerenti la scuola.

…E della ventina di commenti che ne è conseguita.

E se vi state chiedendo se nano morde ancora…

La risposta ahimè è si. Poco, di rado. Ma lo fa. Si rende finalmente conto però della gravità del gesto, se ne dispiace e capisce che deve chiedere scusa ed aspettare che l’altro torni a fidarsi di lui.

Non gli ho mai detto, né mai lo farò, che sono tutti stronzi, che poveropiccololui va bene che morda se gli fanno qualcosa e tantomeno risponderò alle altre mamme che i loro figli se la sono cercata.

E quando la maestra mi mostra un graffio o un livido che si è procurato, mi vien da ridere al pensiero di “oh, adesso lo metto nella chat delle mamme“.

 

 

 

 

 

 

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.