Il post farlocco

E concedetemelo un post farlocco.

Dopo sei ore di macchina, un bambino da buttare in vasca e insaponare senza pietà, tre valigie da aprire, n lavatrici da fare e stendere, un marito da sfamare e la triste constatazione di essere nuovamente nel piattume padano, capitemi: non ho alcun consiglio o ricetta originale da dispensarvi.

Tuttavia, mentre mi cala la palpebra e allo stesso tempo sparisce il sonno (una cosa innaturale, lo so, ma il mio cervello scarica la tensione così) una grande verità si dipana tra la fitta nebbia di pensieri, ricordi freschi di vacanza e ansie per ciò che c’è da fare.

A noi mamme ogni tanto piace non fare le mamme e, forse forse, nemmeno fare le mogli.

Ma non nel senso che ci si debba dedicare a liaisonnes segrete per evadere dalla monotonia di un matrimonio.. Molto banalmente a noi la monotonia piace anche, purché un piccolo brandello rimanga la nostra monotonia.

Faccio un breve esempio: per una serie di sfortunate coincidenze, la sera prima di partire io dovevo provare con la mia band e marito doveva andare a suonare con la sua a 200 km da casa. Andavano anche affidati alle cure dei nonni il figlio, il gatto e le tre piantine sopravvissute al mio pollice killer, preparate le valigie, stirata l’ultima bacinella di bucato e svuotato il frigo da ogni alimento fresco. Dato che Marito è meraviglioso, si è preso lui gatto, figlio e piante, li ha scaricati a casa dei suoi genitori, ed è tornato a casa nostra il giorno dopo con solo il nano ed un modello F24 (consegnatoci già in ritardo dal comune) da pagare in posta. Ergo: ho avuto mezzo venerdì e tutta la mattinata di sabato per me.

E che cosa ha fatto la sottoscritta con quest’occasione che non le capitava dal 19 giugno 2014?

Niente.
O meglio: le solite, monotone cose. Attività che normalmente mi chiudono come stirare, pulire i pavimenti, preparare le valigie hanno assunto, quel venerdì, un sapore speciale, che quasi dimenticavo.

Quello della mia indipendenza.

Libera di accendere la tv senza girare su Masha e Orso, libera di stirare quattro maglie e andare a prendermi una manciata di Galletti Mulino Bianco (che olio di palma o no sinceramente fottesega, se proprio devono cambiare qualcosa che aumentino le dimensioni) senza sentire battute del coniuge, libera di buttarmi sul divano con i piedi sul tavolo gioco del bimbo, libera di dimenticarmi il ferro acceso e ricordarmene mezzora dopo, libera di imprecare ad alta voce, aprire la porta per uscire senza “parare” la palla di pelo che vuole scappare a tutti i costi. Libera e felice. Come quando avevo 25 anni e non dovevo rendere conto di niente a nessuno.

E poi la gioia nell’andare cinque minuti prima della chiusura dal panettiere, che tanto mica devo preparare per tre, prendermi una focaccia, tornare a casa e riempirla con tutto quello che c’è in frigo. Ma proprio tutto tutto. Cose che se facessero figlio e marito davanti ai miei occhi farei partire il pippone sullo stile-di-vita-sano.

Poi va beh, non devo stare qui a scrivere “che bello, sono uscita e ho finalmente fatto una serata fuori casa” perché, fortunata me, non ho sposato una piaga a cui devo chiedere permesso in carta bollata per uscire ed eventualmente fare un training intensivo su come ci si occupa di un duenne in tre ore senza moglie accanto. Abbiamo sempre avuto rispetto l’uno degli spazi dell’altro e ci siamo sempre occupati entrambi di nostro figlio.

Tuttavia scrivo “che bello, sono uscita con la consapevolezza che il giorno dopo avrei potuto ronfare fino a ora di pranzo” perché il problema non sta molto nell’organizzarsi per uscire senza pupo appresso, piuttosto nel far capire al suddetto che il giorno dopo si dorme fino a tardi. Così mi sono concessa una birra piccola con cantante e chitarrista in un triste locale con un triste pianobar in quel di Assago ed un’altra birra piccola con cantante in quel di Lodi (che vi sembrerà poco ma è stata sufficiente a farmi dimenticare il basso nel suo baule).

E una volta a casa ho provato la gioia di poter dismettere i panni di un ninja furtivo accendendo tutte le luci che mi servivano e facendo tutti i rumori consentiti alle due di notte, il poter camminare senza felini che si infilano tra i piedi mentre salgo la scala, il lettone tutto per me e il poter leggere due righe di libro con tutta la concentrazione rimasta.

Figo eh? So che voi mamme, specie le neo-mamme coi pargoli da allattare ogni tre ore, mi state invidiando a morte.

Però… Il silenzio, da oggetto del desiderio raro e prezioso, è diventato il motivo dell’ennesimo sonno disturbato.

Perché si può essere mamme e ogni tanto non fare le mamme per salvaguardare quei pochi neuroni sopravvissuti alla nascita di un figlio… ma non si riesce più a tornare alla condizione iniziale: mamma una volta, mamma per sempre. Non che sia meglio o peggio di essere donna (e chiedo scusa se ferisco l’orgoglio di chi si mette su un piedistallo per appartenere a una categoria piuttosto che all’altra), semplicemente si diventa qualcos’altro anche se ci affanniamo a fare a gara a chi riesce a tornare per prima a lavoro o sul tacco 12.

Lo capisci quando la tua di madre ancora aspetta di sentire il portone di casa chiudersi a notte fonda per potersi addormentare profondamente, quando ti chiede, a trent’anni suonati, il messaggio per dire che sei arrivata, quando ancora gli scappa di chiamarti col tuo nomignolo di bambina.. o quando sente l’esigenza di preoccuparsi per te anche se hai detto millemila volte che stai bene.

E lo capisci tu in primis, quando quell’unica notte in cui puoi dormire fino a tardi fatichi ad addormentarti per poi sentirti finalmente in pace solo quando l’auto con marito e figlio fa ingresso nel cortile.

Allora si, che ti rilassi.

Però peccato, a quel punto non puoi più tornare a dormire e ritorni di nuovo bollita.. Con in più Marito che chiede come tu possa essere stanca che hai dormito fino adesso.

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.