Ex che non hanno capito di essere ex ed ex che son contenti di essere ex.

Tra i momenti più imbarazzanti che io abbia mai vissuto posso annoverare quello in cui mi sono trovata ad un aperitivo con un gruppo di amici e conoscenti, tra i quali spiccavano un ragazzo e la sua ex che nn ha capito di essere ex (cliccate se vi siete persi qualche vecchio post).

La strategia che non funziona.

Avevo già pronto il barbatrucco: sapendo quanto lui non potesse soffrire lei e sapendo quanto lei fosse rimasta ossessionata da lui (tanto che dopo ogni primo appuntamento scattava, puntuale come un orologio svizzero, il paragone e l’elenco di similitudini/differenze/rapporto qualità-prezzo) mi ero già sistemata al tavolo con lei, dalla parte opposta di lui, divisi da un gruppetto di persone neutre.

Cosa che, ovviamente, si rivelò inutile.

Perché nemmeno i migliori diplomatici delle nazioni unite potrebbero trattare con una ex-che-non-ha-capito-di-essere-ex: specie se l’ex vive serenamente la propria esistenza ed ignora –volutamente o meno– i continui e disperati tentativi di lei per farsi notare.

da compleanno a martirio.

Nonostante fosse la festa di un nostro amico in comune e che tutti fossimo intenti a fargli auguri e le classiche battute goliardiche (“certo che non sei più atletico come una volta”, “sbaglio o ti si è espansa la stempiatura?” E “Bevi poco che il fegto non ti regge più come quando eri giovane”), la ex monopolizzò presto l’attenzione con l’elenco di tutte le cose divertentissime che aveva fatto ultimamente ed io, nominata a mia insaputa “spalla”, dovevo prestarle attenzione e annuire: eh si, l’ultima uscita era stata divertentissima; eh già, che figata quella volta di tre anni fa che siamo andati in montagna con lei (e non con lui); oh cielo quella serata in quel posto, che fortuna esserci stata (che poi boh, quale serata? Ma ormai era inutile puntualizzare); mamma mia che bei ricordi, che bei momenti, ma com’era bella la sua vita, nonostante fosse single da quattro anni…

Ovviamente dall’altra parte del tavolo nessun cenno di attenzione. Anzi, lui, nel mentre, s’era pure alzato per andare a salutare un altro ragazzo al bancone.

Il coinvolgimento degli sconosciuti.

Capito che non c’era storia, iniziò con i vicini di sedia.

Ancora adesso, giuro, mi dispiace per loro.

In un certo momento della serata nemmeno si capiva con chi stesse parlando (a me? a quello di fronte? all’ex? a quello infondo al tavolo?): reminiscenze delle sue esperienze da istruttrice di palestra (ah si? pensavamo noi che la conoscevamo, istruttrice da quando?) a episodi che iniziavano con “una volta, suonando in giro, mi è successo che…” e proseguivano come le leggende metropolitane palesemente esagerate, tanto da non riuscire a cogliere quella base di verità da cui era uscita tutta la storia.

Arrivò persino a raccontare due volte lo stesso episodio a due persone sedute vicine, a distanza di circa mezz’ora ma con evidenti differenze. Uno di loro mi fissava e implorava pietà.
“Non so se si può segnere, sai?” Avrei voluto dirgli. Ormai era partita, eravamo all’elenco di frasi fatte e battute che in pochi avrebbero capito. Calato un silenzio da “ma beh? e dovrebbe far ridere?” si giocò il tutto raccontando che il festeggiato s’era messo il reggi-calze ad una festa, che era succube del capo (c’erano anche dei colleghi tra gli invitati) e che “aveva proprio bisogno di chiavare perchè non svuotava da due anni“.

finalmente l’approccio.

Dopo aver molestato tutti, ma proprio tutti cameriere compreso, si arrivò al momento tanto temuto: l’approccio diretto.

-Ah, ma sai chi ho visto?-.

Silenzio.

Il tono fintamente disinteressato trasudava invece l’ansia, l’agitazione e l’eccitazione raccolta in quattro anni di approcci ignorati. L’espressione di lui invece parlava chiaro: avrebbe preferito limonare con un piranha.
Lei ovviamente bypassò il poco entusiasmante “huh” ed ignorò le tumbleweed* che stavano rotolando dietro di lei, tanto che per troncare il discorso l’ex si alzò e sparì fuori dal locale a fumare la sua prima sigaretta.

Ecco cosa sono le tumbleweed che no, non è giusto chiamarle balle di fieno!
*per chi non lo sapesse: sono queste.

l’epilogo.

A salvare la situazione fu un astante (lo abbraccio ancora adesso se lo vedo e lui si ricorda il perché) che iniziò a bere medie di coca come se non ci cosse un domani e catalizzando l’attenzione a suon di rutti.

La gente, per sbrogliarsi, iniziò ad applaudirlo e stendere delle versioni in prosa.

A fine serata ormai, avendo chiunque inquadrato la ex-che-non-ha-capito-di-essere-ex, c’erano persone impegnate a parlare fitto tra di loro, anche solo descrivendosi il tovagliolo. Uno iniziò anche a parlare al telefono spento. Due strinsero amicizia raccontandosi tutta la vita e le esperienze più toccanti, in modo da non lasciarle la possibilità di intromettersi.

E io?
Beh, tornai a casa con un gran mal di testa anche se in compenso la  ex-che-non-ha-capito-di-essere-ex con le sue leggende metropolitane mi aveva fornito idee per le trame di tre romanzi e due sitcom.

E per questo post.

 

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.