Aspettando un treno

L’ultima volta che ho atteso il regionale delle 13.33 e nel mentre un caso umano ha cercato di attaccar bottone con me (prendendomi anche gli insulti per non aver corrisposto l’interesse) sono salita sul treno e li ci ho lasciato il mio trolley (con reflex e maglietta dell’HRC di NY).
Oggi stessa scena: io, carica di borsa, borsone e basso, mi siedo, penso a svariate cose.

E nel mentre che mi perdo nei meandri più cupi delle mie seghe mentali ecco che una persona mi chiede se sul binario tre passa il Milano Centrale.

Si, gioia, passa a breve.
Sorride, sorrido pure io ed ecco che l’altra prende fiato senza che riesca a distogliere lo sguardo per tempo.

“Ah ma abbiamo lo stesso cellulare [no, non è vero]; ah ora lo spengo perché e domenica, e domenica non ci sono per nessuno [ah si? C’è qualcuno che ti cerca? E chi? La mamma? La badante? L’assistente sociale?]; oddiooo! Ma guarda te!! Bla bla bla [e qui mi estraneo facendo finta di leggere un sms].

E finalmente capisce. Io nel mentre rammento la scena di qualche mese fa e cerco un elastico per legarmi alla caviglia il basso.. Sai mai.

La tipa se ne va, ripete la stessa scena con la prima persona che trova cinque metri più in la: stesso entusiasmo nel dire le stesse frasi ad un’altra persona che non se la fila.

È li che mi scopro a invidiare questa donna.. O ragazza precocemente invecchiata. Si, le invidio quell’ostinazione e quel convincimento nel voler raccontare le sue piccole cose ad estranei, cose che mi accorgo di non riuscire più a raccontare nemmeno a chi mi sta vicino perchè mi dico “ma che importanza ha?“; vorrei essere un po’ folle pure io e parlare, parlare e parlare ancora. Senza reticenze, senza paura, senza calcolare che se mi scappa di dire questo magari l’altro s’offende, lo dicono ad altri, succede un casino; infondo cos’hanno di diverso da noi le persone come la ragazza di prima da me? Il funzionamento dei neuroni? I diversi tempi di risposta della neocorteccia celebrale? La cultura? I voti a scuola?
No, non credo. Lei ha solo l’incoscienza, l’ingenuità e la semplicità di un bambino: è una bella giornata e lo voglio dire; prendo il treno, faccio qualcosa di diverso e te lo voglio raccontare; non mi importa di pettinarmi e di farmi notare dagli altri, e così faccio. Non importa, insomma, chissenefrega, son felice, sono in mezzo ad altri esseri umani e voglio comunicare.. C’è una legge che me lo vieta?
Effettivamente no.

E allora perchè li chiamiamo pazzi?

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.