Ai futuri papà.

Mi sembrava giusto, ora che “sono madre e posso capire”, dedicare un post alla categoria più sottovalutata e malcagata durante quel magico e intenso periodo chiamato gravidanza.

I futuri-papà.

Forse non ce ne rendiamo conto ma dall’alba dei tempi la faccenda gravidanza-parto-neonati è stata di totale competenza di mamme, zie, suocere, amiche o di qualsiasi essere umano di sesso femminile nel raggio di 20 km dalla gestante (anche se adesso, nell’era del web, le distanze ormai non esistono più). Io ci ho fatto caso quando un conoscente, anche lui in procinto di diventare genitore, mi raccontò che tutto il parentado femminile si era assemblato tipo squadra di rugby attorno a sua moglie mentre a lui “manco una pacca sulle spalle per il rapido e preciso lavoro”.

E in effetti come dare loro torto: il bebè, volenti o nolenti, cresce dentro l’utero, organo che (almeno per ora) possediamo solo noi dal cromosoma XX. Di conseguenza siamo noi che lo sentiamo scalciare, noi che ci ritroviamo la vescica calpestata mentre passeggiamo (con conseguente camminata-dalle-gambe-a-X), noi che sentiamo quel fantastico mix di nausee-stanchezza-capogiri, noi che ci facciamo un’overdose di ormoni tanto da sembrare bipolari per almeno un anno, noi che proviamo le contrazioni, i dolori del parto, quella sensazione del bambino che sguscia fuori dal tuo grembo e si raggomitola tutto indifeso tra le nostre braccia…

e solo noi, oltre che i sadomasochisti, conosciamo il dolore del capezzolo masticato.

Tuttavia ammettiamolo, ci mettiamo del nostro: specie quando ci ritroviamo davanti a qualche altra futura o neo mamma e iniziamo a parlare fitto fitto di questo periodo eccezionale e sconvolgente (che solo noi capiamo), quasi fossimo Archimede ed i pitagorici in una delle loro segretissime lezioni; in quel momento le nostre dolci metà si scambiano sguardi compassionevoli, consci di stare a noi come gli schiavi stavano ai grandi matematici (ergo: non possono intervenire, non possono capire, possono solo dedicarsi a lavori manuali tipo montare i mobili presi all’Ikea pregando di non avanzare nessuna vite).

Il tutto perché un papà, dei sintomi sopra descritti, non può provarne nemmeno uno. 

Al massimo provano a immaginare mentre ci guardano scoppiare a piangere davanti a uno scaffale pieno di bavaglini e cercare di consolarci (o, per i più audaci e impavidi, di buttarla sul ridere prendendoci bonariamente in giro e rischiando una cinquina), mentre mangiano chiusi in bagno perché non sopportiamo l’odore del cibo, mentre ci lanciano il secchio al primo segno di disgusto sul nostro volto. Quando poi il lieto evento si avvicina, per lenire il senso di colpa tipico di chi vede la propria amata soffrire senza poter fare molto si lanciano a sorreggerci quando siamo piegate in due dalle prime contrazioni, ci massaggiano (con la viva speranza che serva a qualcosa perché state urlando da ore) e continuano a ripetere che siamo bravissime, che si vede la testa e dai ancora una spinta che ce la fai sicuro.

Inoltre, checché ne dicano i giornali, la sindrome del nido viene anche a loro, assieme alle ansie notturne e all’eterno dilemma “ma sarò un buon genitore?”.

Ad esempio il futuro papà con cui vivo (che al momento sta tappezzando la mansarda di carta da giornale*) una sera si è eclissato con avvitatore e cassetta degli attrezzi: doveva smontare, spostare e rimontare un mobile-tv; sentiva che doveva farlo, nonostante fossi ai primi mesi di gravidanza. E col passare delle settimane l’ho ritrovato con stucco e paletta a sistemare intonaco che il più delle volte avevo scalfito io, con l’aspirapolvere o con la scopa a pulire qualche stanza, a cercare su e-bay non piatti della batteria ma passeggini e seggioloni, a fare ordine tra i fumetti per vedere cosa vendere e cosa tenere.

Per non dire delle mattine in cui è arrivato dal turno di notte con le brioches fresche di forno.

Non che prima non partecipasse attivamente alle pulizie e non collaborasse quando necessario, anzi: in certi casi è anche più bravo di me (vedi il separare il bucato, fare la lavatrice e stendere: in cinque anni mai un qualcosa di stinto o ristretto).
Però vederlo smontare e rimontare il trio per esser certo di prenderci la mano quando il nano nascerà.. la trovo una delle cose più tenere cui abbia mai assistito.

Così ripenso a quando giocavo alle Barbie, al fatto che la bionda plasticosa facesse tutto nella casa di cartone mentre sto povero Ken lo chiamavo in causa solo per fargli dire “tesoro sono tornato” e cagarlo sul poco ergonomico divano rosa.
Quanto mi sbagliavo. Anzi, quanto ci siamo sbagliate io e tutte le bambine a cui non avevano insegnato cosa potesse fare Ken nonostante lavori tutto il giorno e torni quando i Barbie-pargoli ormai son stanchi e vanno a dormire.

Ken, mentre Barbie racconta la favola della buonanotte, fa la lavastoviglie, carica la lavatrice, si accorge che la mensola del ripostiglio si sta rompendo e prende le misure per cambiarla. Poi, quando la sua bionda compagna arriva sul divano, ascolta tutti gli scleri della giornata, le da un preziosissimo supporto morale… come dirle che non importa quanta cellulite le sia venuta, è bellissima e la ama ancora di più; poi al mattino, prima che la prole si alzi, la sveglia, le fa due coccole, le da’ coraggio solo con un bacio ed un “ti amo”, va a lavoro e magari in pausa pranzo o tra un appuntamento e l’altro passa a prendere la cena, compra in anticipo il regalo di Natale che l’ha trovato in offerta, va al Self a prendere le lampadine o a vedere se c’è la tenda per il cortile, che così i biondi pupi plastici possono giocare all’aperto senza farsi uscire il sangue dal naso per il troppo sole.

Non so di chi sia la colpa, fatto sta che io tutte queste cose al Ken non le ho mai fatte fare. E non metto nemmeno in dubbio che, sparsi sul pianeta, ci siano uomini che effettivamente relegano tutta la questione gravidanza-bambini alle mogli e ne siano pure felici. Sono tuttavia convinta che i tempi siano cambiati da quando si chiudeva fuori il marito dalla sala parto quindi.. smettiamola con questo sessismo e diamo ai papà (soprattutto ai papà di figlie femmine che si contendono la santificazione assieme ai martiri) il loro riconoscimento e tutto il rispetto che meritano

Anche perché ricordiamoci che dietro ad una grande futura mamma, c’è senz’altro un grande futuro papà che a mezzanotte meno un quarto corre al McDonald a prendere un Sundae al cioccolato per placarle le voglie..

*Preciso che si, adesso son qui che scrivo il post, ma giuro che prima gli ho dato una mano 🙂

our sweet family
Our sweet family!

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.