Acqua

Ci pensavo oggi.

Davanti a me rocce vulcaniche che un tempo dovevano formare un’unica, solida, indistinguibile massa di roccia lavica.

Rocce che ora sono frastagliate, rotte, spezzettate.

E da cosa poi?

Acqua.

Vabbè, magari anche venti, ghiaccio quando c’era l’era glaciale, però principalmente acqua.

Plin Plin, gocce che si sono avvicendate nei secoli, con lenta e quasi indolente costanza, con quel rilassante tamburellare che a volte ti piace anche perché sai che non è una tempesta, né un temporale.

Semplice, stupida acqua.

Metafora scontata di quello che è successo a molti di noi.

L’acqua ci entra dentro perché ci proviamo a essere impermeabili ma non lo siamo per natura. Alziamo barriere continue con i weekend fuori porta, un telefono nuovo, qualche chilo in meno da sbandierare ma l’infelicità, in tutte le sue forme, ci circonda e ci attacca continuamente.

Una bolletta non pagata.

Un bollo sulla macchina nuova.

Un genitore che si ammala.

Un fratello che ci tradisce.

Ci distraiamo anche con le sbronze, a volte, come quando eravamo giovani. Però lo sentì lo stesso: plin plin, permesso, sono l’acqua che scende, adesso mi infilo per di qui, manco te ne accorgi.

L’acqua passa di giorno in giorno e mentre siamo saldi sul nostro scranno di certezze a comprare due etti di crudo, all’improvviso lo senti.

Crack.

Cazzo è? E perché adesso sta tachicardia? Cazzo è sta nausea, la dissenteria appena finito di mangiare, sto desiderio di tornare al volo a casa e nascondersi sotto le coperte? Io stavo solo comprando qualche cazzo di fretta di prosciutto.

Perché mi è franato un pezzo?

Ma quando ha iniziato a creparsi?

Ed è già tardi.

Quando l’acqua ha iniziato a scavare una piccola fenditura, non ci son più cazzi: segna, taglia, rimodella. Rimaniamo meravigliati da quelle forme così strane, spesso. Ma la roccia? Se potesse parlare, quella roccia di basalto che cosa ci direbbe? Si piacerebbe così? Gioirebbe di quei complimenti? 

Tipo io mi sentivo fare i complimenti per quanto ero dimagrita. Ma qualcuno aveva mai chiesto perché? Se andava tutto bene?

No. Perché l’acqua mi aveva modellato bene.

E niente, dicevo: l’acqua, le goccioline plin plin, ci va un attimo che diventino un fiume impetuoso. 

A quel punto la strada ormai è scritta e quando verranno le piogge stagionali tutte quelle gocce non faranno più plin plin ma ruggiranno impetuose travolgendo e portandosi via pezzi interi di roccia, tanto che tutta quella massa così dura e incorruttibile si sarà, a distanza di secoli, trasformata in qualcos’altro. 

Beh, a noi va decisamente peggio: non si parla di secoli. Male che vada anni. Ma credo che pure se avessimo la longevità di una montagna non riusciremmo a fermarci per tempo.

Che poi, possiamo davvero farlo?

Vorrebbe dire asciugarsi sempre, ogni volta che cadono le due gocce di cui prima. Abbiamo davvero tutto sto tempo? Tutta questa attenzione?

Per dire, dovremmo andare a dormire ed ogni sera farci un dettagliato esame di coscienza.
Io mi scrivo un diario, ci annoto eventi, azioni, riflessioni. Lo farò però una volta al mese, il resto dei giorni semplicemente mi dimentico o non ho voglia (e me ne dispiaccio perché sento che un ricordo ed una lezione che ho ricavato da essa potrei dimenticarmeli tra i mille post it e appunti sparsi in testa); potremmo magari farci un foglio Excel? Un’app per semplificarci la vita? Qualcosa che faccia più o meno così:

Hai cagato e non hai aperto la finestra, “plin plin”.

Mi lasci i fazzoletti scaccolati sul comodino “plin plin

Volevo dirti di smetterla, con sta cosa dei fazzoletti, però boh, siamo usciti a cena e non mi sembrava carino ricordartelo davanti a un bicchiere di Brunello “plin plin

Quel tono di voce mi fa incazzare “plin plin”.

A me quella battuta è sembrata cafona ma non te lo dico che magari ci arrivi da solo “plin plin”.

Poi un cambio di suoneria per le cose più gravi.

Ci tenevo partecipassi a quella cosa e tu non solo non sei venuta ma mi hai pure cacciato una scusa che manco i deficienti, guarda “plin plin plin plin

Rinfacciarmi che mi hai pagato o offerto una cosa davanti agli altri mi ha mortificata da matti ma va beh, infondo pagavi tu pure quella cena e allora amen “plin plin plin plin

Ti ho spiegato (a fatica) perché rinfacciarmi davanti a terzi che mi paghi tu una cosa mi ha ferita e tu mi biascichi qualcosa che dovrebbero essere scuse ma suona più come “dai, va bene, ti dico qualcosa per farti contenta ma resta che te la prendi per niente. “plin plin plin plin”

Hai stampato una chat privata con una discussione che doveva rimanere tra di noi e te ne sei andata in giro a farla leggere a chiunque ti capitasse sotto tiro, solo perché non sopporti che non ti si dia ragione, tipo i bambini “plin plin plin plin

E che ne so, uno “scrosc” per quando l’acqua sta ormai staccando pezzi di noi, sbriciolandoli.

Non mi caghi perché non ti faccio più comodo “scrosc”.

Non sei più quello di una volta “scrosc”.

Quanto cazzo sei acida “scrosc

Il silenzio quando sai che dovremmo parlare “scrosc

Il silenzio quando sto per esplodere e non trovo nessuno che mi tenga la mano “scrosc

Gli amici che se ne sono andati “scrosc”.

Litighiamo e nessuno dei due raggiunge l’altro per fare pace.

crack”.

E poi niente, se si ignora tutto ciò una notifica push che dica “mo so’cazzi”.

E attenzione, non specifico “amari”.

Il cambiamento, l’evoluzione, l’acqua che scava la roccia, non sono la fine di qualcosa.

I cazzi amari sono le piene senza una via di fuga per l’acqua. Non so bene come renderlo metafora in natura ma se parliamo di una persona sono dosi di daparox e xanax, se va bene.

L’acqua che però scende, per quanto impetuosa, per quanto distruttiva, passa. Finisce a valle. Vero, la montagna è ora altro, magari esteticamente accattivante, magari no. Magari più fragile, pur bella, o più forte, pur rovinata. Ma torni a respirare, dopo tanto tempo, e quello che ha scavato l’acqua è lì a ricordare cosa ti ha attraversato, quanto sei cambiata, quante cose hai finalmente capito…

E magari a qualcuno continuerai a piacere, ad altri non più.

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.