…a quando il secondo?

Capita sempre più spesso.
Dopo l’esclamazione “ma che bell’ometto che è diventato!” e le solite domande su sonno/alimentazione/crescita/sviluppo del linguaggio/attività ludiche e scolastiche alle quali rispondo con un esauriente “va tutto bene, grazie”, ecco che parte la domandona:

-A quando il secondo?-.

A volte rigirata in una versione che sa quasi di sfida:

-Beh, visto che va tutto bene con il nano perché non ne fai un secondo?-.

Ora, non so per voi quale sia stato il percorso che vi abbia portate a procreare una seconda ed eventualmente terza volta, per ora la mia esperienza si limita questi scarsi step:

• Appena nato – manco morta!
• Sei mesi – ma guarda com’è cresciuto, forse forse..
• Fine allattamento – mi sento così vuota e inutile, ne facciamo un altro?
• Deambulazione avviata – adesso lo rinchiudo in un collegio e lo vado a recuperare quando ha la laurea.

Di conseguenza, per non sembrare una madre degenere (che poi forse forse è quello che tutte siamo ma –vai a capire– ci convinciamo di essere dei casi disperati in un mare di perfette family manager) ho iniziato rispondendo con “vediamo, finché mamma non va’ in pensione..“.

La cosa funzionava bene perché quasi tutti iniziavano a fissarmi con uno sguardo caritatevole quando raccontavo di come, non avendo nessuno a cui lasciare mio figlio, son dovuta andare al pronto soccorso alle due di notte portandomi l’allora decimesenne dietro, fatto su nella copertina di lana e travasato dal suo caldo lettino all’ovetto.

Poi però mamma in pensione c’è andata sul serio e sono rimasta fregata.

Ho dovuto cambiare il repertorio di scusanti: “no, è che siamo troppo lontani dai genitori, io sono da sola, i turni di mio marito sono scomodi, poi anche se chiamo qualcuno sono almeno un’ora e mezza di strada, il gatto mi ha mangiato la culla, i ladri mi hanno portato via le tutine vecchie, mi si sono chiuse le ovaie” per poi ammettere (più a me stessa che con gli interlocutori):

“Guarda, non c’ho proprio sbatti”.

Al che la pletora di ex-compaesane over-50, le stesse che a 28 anni mi facevano notare che quasi tutte le mie coscritte avevano figliato ed io mi avvicinavo pericolosamente ai 30, mi congeda con disonore dal club delle brave donne di famiglia e getta là, tra le sciacquette immature e svogliate.

Ed è quasi impossibile che queste siano un minimo empatiche e riconoscano la piacevole sensazione che si prova quando il bambino è un minimo indipendente e tu puoi tornare a riabbracciare le attività pre-mammitudine, nel mio caso: suonare, disegnare e fare vita sociale.

C’è poi una piccola percentuale che, per nulla soddisfatta della mia risposta, parte pure con l’arringa pro-secondo, consistente in tre fondamentali punti:

• “i figli unici crescono viziati
• “i figli unici alla lunga diventano tristi
• “i figli unici non hanno spirito di condivisione

Cose che, per la carità, possono essere vere ma anche no.

Pure io la pensavo così prima di diventare mamma..

..Dato che sono stata figlia unica fino ai sette anni e ricordo bene di aver chiesto insistentemente un fratello maggiore (no, non avevo ancora le idee chiare) o, se proprio, uno minore. 

Ho persino spacciato mia madre per gravida come scusa per un disegno venuto male, tant’è che ai colloqui ricevette le congratulazioni dalla maestra senza capire il perché (la cosa bella è stata che poi, qualche mese dopo, è davvero rimasta incinta).

Che no, non saprei immaginare la mia vita senza mia sorella, senza le litigate, quei momenti in cui le insegnavo qualcosa sentendomi un po’ maestra e un po’ mammina, gli attimi di “sorellanza” in cui ci siamo date supporto psicologico a vicenda per piccole e grandi cose, i siparietti in cui ci sfottevamo con battute degne di Zelig e i commenti acidi sulle nostre filosofie di vita così diverse.

Per questo mi sono più volte chiesta se al mio nano queste cose sarebbero mancate, se invece le troverà in qualche amico o con i cugini, se si sentirà solo come mi han detto o se, non sapendo cosa sia la “fratellanza”, non ne sentirà mai la necessità.

Se, insomma, sono una cattiva mamma a negargli questo affetto.

Poi mi tornano alla mente i momenti di frustrazione, di ansia, gli attacchi di panico

Che è vero, per il secondo sei più pronta.. ma se fosse molto diverso dal primo? Se non dormisse? Se si ammalasse ogni due per tre? Se fosse più lagnoso, meno socievole e molto più attaccato a me? E come me la caverei con due se già con uno alle volte mi sembra di soffocare tra la maratona lavatrice-ferro da stiro per non lasciarlo senza vestiti, la lotta per infilargli qualcosa, la routine di cose da pulire, sistemare e riordinare ed il tempo che sembra non essere mai abbastanza?

E se tornassi a star male?

Ci pensavamo io e marito quando siamo andati a trovare due nostri amici con una figlia di sei mesi. Mentre la macchina procedeva verso casa cullando il nostro nano addormentato (che, specifico, tale è arrivato e tale se n’è andato) ripensavamo a tutta la trafila dei primi mesi, la frustrazione di quando cominciava a saltare la poppata notturna e poi riprendeva a svegliarsi ogni tre ore, i momenti in cui non voleva più stare sdraiato ma ancora non stava seduto o la mia vita “in simbiosi” con quella del nano in cui andare a fare la spesa da sola aveva lo stesso impatto emotivo di due settimane a Ibiza.

Pensa rifare tutto con in più il nano che cresce e magari fa i capricci perché è geloso.

Al che per ora dico: “no, grazie”.

Ho appena iniziato a domare questo cavallo pazzo che è la mia vita in tre, dove io e marito abbiamo trovato, grazie anche al prezioso aiuto dei nostri genitori, un leggero equilibrio tra i nostri doveri di giovani genitori e le nostre passioni di giovani e basta; non mi sembra un atto di egoismo, piuttosto una presa di coscienza: al momento sto bene così, di più gna’ faccio proprio e non voglio che il nano si ritrovi un’ipertesa con crisi d’ansia e scatti di rabbia come madre.

Il giorno che avrò di nuovo la molla carica, se mai arriverà, ci daremo dentro.

O forse, com’è stato per la prima volta, partiremo per un viaggio e torneremo con un souvenir 😉

P.s.: questo post partecipa al tema del mese #unopiùunofaduemila delle #StorMoms.

StorMoms

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.

2 Risposte a “…a quando il secondo?”

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