Il Natale e i miei ricordi parte I

Il Natale e i miei ricordi parte I
Il Natale e i miei ricordi parte I

Il Natale e i miei ricordi parte I

Siamo alle porte del Natale e riaffiorano alla memoria tanti ricordi dei Natali passati. I Natali dell’infanzia, passati in un paesino della provincia di Como, Natali dell’adolescenza, passati in un paesino della provincia di Lecce, dove tutt’ora vivo, Natali dell’infanzia dei miei figli e i Natali di oggi. Tutti ricordi diversi, ma ugualmente belli, dove suoni e profumi e paesaggi si distinguono nello spazio e nel tempo.
La neve nelle strade, il profumo e il tepore delle caldarroste acquistate ai crocicchi, che scaldano le mani infreddolite ed anche lo spirito, il suono delle zampogne, già, passavano per la strada gli zampognari con i loro costumi caratteristici e le note di “Tu scendi dalle stelle” che si diffondevano nell’aria.
Io bambina, a pochi giorni dal Natale, in Piazza Duomo a Milano, insieme con la mia famiglia, gli zii e le cuginette, le luminarie scintillanti, la calca, era il tempo del benessere, gli anni 60, il tempo della crescita economica, la gente spendeva. Affascinata da tante luci e colori perdo di vista il parentame, e mi sono ritrovata sola in mezzo alla folla, quasi schiacciata, lo smarrimento, attimi di terrore, poi la voce di mio padre, calda, rassicurante e anche un po’ trepidante, che mi chiama, corro nelle sue braccia forti e sicure. Poi dentro la Rinascente, tante luci scintillanti, le scale mobili che mi divertivano tantissimo e il reparto giocattoli dove poter scegliere quello che avremmo chiesto scrivendo la letterina a Gesù Bambino. Un leggero brivido percorreva la schiena: “Ma sono stata abbastanza brava per ottenere questi giocattoli? Ma io sono una bambina brava”
I giorni non passavano mai, poi finalmente tutti insieme alla messa di mezzanotte e poi assonnata a casa e trovare tanti pacchi sotto l’albero. La gioia negli occhi e l’innocenza nell’aprire quegli involucri rossi, dorati, con Babbo Natale e gli alberelli, Gesù Bambino non sbagliava mai i miei desideri. Mamma e papà che ci esortavano a mettere tutto a posto e ad andare a nanna. Il bacio della buonanotte e poi sotto le coperte, ma la notte non passava mai. La mattina poi il giro dalle vicine a dare gli auguri e far l’elenco di tutti i regali che si allungava ad ogni porta.

Io tredicenne, in una casa mia ma che non mi apparteneva, la mia stanzetta, finalmente avevo una stanza tutta mia, non la condividevo più con mio fratello. Già, sola in una stanza, chi mi poteva proteggere? Cosa facevo in quel paese sconosciuto, tra gente sconosciuta? Dov’era il freddo invernale, la neve, le caldarroste, gli zampognari? Bello venire al mare d’estate, ma non starci per tutta la vita,  ci sono i nonni, che prima vedevo una volta l’anno, ma non basta, tutto fa schifo, il paese, la gente, la scuola, e tutto quanto, non voglio rimanerci. Sta arrivando Natale, sono cresciuta, la poesia è finita, un giorno qualsiasi in cui ricevi qualche regalo e pranzi con i parenti. (Gli adolescenti sono tutti disincantati e arrabbiati col mondo e se poi qualcuno ha pensato bene di stravolgergli la vita, ancora peggio, i genitori fanno solo quello che fa comodo a loro). Oggi sorrido ai miei pensieri di allora, non cambierei il mio piccolo paese, la sua gente solare e accogliente per nulla al mondo.
Già, sta arrivando Natale, almeno così dicono, la mamma rompe, domani mattina sveglia all’alba si va alla Novena.
Dormo pacificamente nel mio letto, e la mamma che perfora i timpani, mi chiama, ma …..cos’è questa musica? Viene da fuori, è “Bianco Nattale”. Mi stropiccio gli occhi, cerco di snebbiare il cervello, quell’unico neurone ancora superstite cerca di capire: Mamma, ma da dove arriva questa musica? ” – “Stanno chiamando per la novena, tutte le mattine alle 5 passa una macchina con gli altoparlanti e diffonde nell’aria tante canzoni di Natale come invito ad andare in chiesa. Adesso sbrigati ad alzarti.”
Ancora assonnata, con gli occhi chiusi, mi alzo, ma sento di non essere più così arrabbiata, quella musica ti entra nell’anima, emoziona sempre.
Andiamo alla novena, faccio fatica a seguire il sacerdote, ho ancora sonno, speriamo di non metterci a ronfare sui banchi. All’uscita tanta gente sul sagrato, che chiacchiericcia ininterrottamente. Di corsa a casa a prendere la cartella, anzi no, era di moda legare i libri con le cinghie e poi a scuola.
All’uscita da scuola un profumo di spezie invade le strade, cannella, vaniglia, chiodi di garofano e poi di fritto, ma un fritto strano, gradevole ma dallo strano sentore di arancia. Cos’è successo, tutti preparano la stessa cosa? Cos’è questo profumo? Qualche compagna, mi guarda perplessa, poi alzando un sopracciglio pensa, ah la milanese, non capisce niente, poi ad alta voce, “come non conosci i profumi delle pitteddhe, le cozze, li zozzi, purciaddhuzzi, cartallate?!”. “Li mangio ma non ho mai visto ne sentito qualcuno prepararle” Un po’ frastornata, ma inebriata da questi profumi, mi sento molto ignorante in fatto di tradizioni salentine, torno a casa e chiedo delucidazioni alla mamma. “Sono tutti dolci delle nostre tradizioni, alcuni molto poveri, come le cozze e le pitteddhe (dddhe rimane ancora per me, dopo oltre 40 anni, un suono impronunciabile, evito di dire tutte quelle parole che lo contengono) preparate con una pasta friabile e ripiene di mostarda, confettura di uva da vino priva di zucchero, e poi gli zozzi o scajozzi o mustazzoli, tanti nomi per un solo dolce, molto speziato, si preparano in casa e poi si portano dal fornaio per la cottura, vedrai in questi giorni i vari fornai girare per il paese con queste grandi teglie, ripiene di questi dolci. I purciaddhuzzi e le cartellate invece sono dolci fritti preparati con farina, succo di arancia, anice e olio evo, fritto insieme a bucce d’arancia e mandarini, anche questi privi di zucchero, ma poi ricoperti con il miele e i confettini colorati. Quest’anno mi aiuterai a prepararli” La cosa non mi dispiace, ma non voglio darle la soddisfazione e bofonchio un forse. Dopo pochi giorni ci siamo messe all’opera e mi sono pure divertita, mi sembrava di tagliare tanti piccoli gnocchi. La casa era invasa dal profumo di fritto, ma molto gradevole, l’arancia nell’impasto e nell’olio sprigionava un profumo buonissimo.

La mamma compra il baccalà, proprio pochi giorni prima del Natale, o mamma, non vorrà rifilarmi il baccalà a Natale?! Speriamo di no, però mi sorge il dubbio, lo sta ammollando, cavolo baccalà a Natale, ma è diventata matta? Finalmente le vacanze di Natale, basta scuola per un bel po’ di tempo, mi annoio a morte, in questa scuola non si fa un cavolo, passo per secchiona, quando non lo sono, sono loro che sono indietro col programma, che noia mortale.

Perché sta urlando così, che cavolo vuole, sono in vacanza, è la vigilia di Natale e voglio dormire, domani giornata noiosa. Mi giro dall’altra parte, non voglio alzarmi, faccio finta di non aver aver sentito. I decibel aumentano, meglio alzarsi, chi la sopporta. Arrivo in cucina, puzza di cavolfiore, che diavolo sta facendo di prima mattina?! La guardo, sento che è prossima all’isterismo, un fiume di parole mi investe, ne capisco la metà: pittole, organizzare il pranzo di Natale, pulizie, tempo, poco,…. bho, se si calmasse un attimo e mi desse il tempo di svegliarmi. Ok, ho capito deve fare le pittole col cavolfiore, col baccalà (ah meno male, col Natale non centra nulla) da sole (traduzione: vuote) da mangiare così o col cotto, glielo hanno regalato, che roba è, non lo so, staremo a vedere. Guardo una montagna sul tavolo, tutta coperta, che diavolo è? Do una sbirciata, una pasta lievitata, soffice soffice, piena di bollicine, ah ecco l’impasto delle pittole, richiudo. Pranzo, come da tradizione, puccia con le olive farcita di tonno e pomodoro, pittole vuote, col baccalà e col cavolfiore, e poi come dessert, pittole vuole intinte nel cotto o nel miele, si dice che è digiuno, ma mi sa che si mangia più degli altri giorno. Passa la giornata con le porte aperte, sarà pure gradevole il profumo dell’olio extravergine di oliva fritto, però tra baccalà e cavolfiore, la casa puzza, fa freddo, ma non c’è tempo per accorgersi, ci sono tanti preparativi ancora da fare, arriviamo a sera stanche e stravolte. Bisogna fare in fretta, si deve andare in chiesa e ci dobbiamo portare anche la sedia. Non avevo mai sentito che ci si portasse la sedia in chiesa, l’ho detto io che qua sono tutti strani. 🙁 La messa lunghissima finisce, tutti defluiamo all’esterno, tanta gente si ferma con i miei, baci, abbracci, auguri e poi tanta gente che si presenta, scopro di avere una marea di parenti, di cui non ho mai sentito parlare, o forse si, ma tanto non li ricorderò mai: questa è Lucetta figlia dello zio Nino, questa è la zia Pina, questa è Rosetta la moglie di Tonino, figlio dello zio Nino, fratello della Lucetta, quella di prima, questa è una mia amica d’infanzia, questa è ……., fermi, basta, non mi ricordo di nessuno, non so chi siete e non mi importa nulla (peccato, lo posso solo pensare, ma non lo posso dire) e va avanti ancora, sino a che tutta la gente non va via. Voglio dormire, andiamo a casa, già, mi tocca pure andare a piedi, che in piazza non c’è mai parcheggio, per cui non valeva la pena di prendere la macchina e mi devo pure riportare la sedia a casa.
E’ Natale, mi alzo, auguri a tutta la famiglia e poi sono alla ricerca del mio regalo, almeno quello mi consolerà. Eccolo,consegno i miei a loro e scarto il mio regalo, lo so, è sempre quello che desidero. I miei sanno far bene i regali. Guardo il mio regalo contenta, mi rilasso, inizio a far la brava figlia, do una mano, arrivano i nonni, altri baci e abbracci con tanto di auguri, dei soldi in regalo, mi sta partendo l’embolo, come al solito i nonni sono più larghi di manica con mio fratello, ma si sa, Salvatore si chiama come il nonno, e poi è maschio, siamo ancora al 1970 e per di più nel profondo sud, il pranzo alla fine è piacevole.
Mi fermo qui con i miei ricordi, ma solo per ora, nei prossimi giorni, continuerò a tediarvi.

2 Risposte a “Il Natale e i miei ricordi parte I”

    1. Ciao Zeudy, come vedi il tuo lavoro non è andato perduto, le tue bellissime palline in decoupage sono sempre belle e nuove e ritornano ad anni alterni. Dipende dal colore che vogliamo utilizzare, però i tuoi insegnamenti sono serviti. Quest’anno come farai l’albero? Hai già iniziato?

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.