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BOWIE: IL DONO DEL TALENTO

Immersa nei servizi televisivi, nella lettura dei messaggi sui social, nella visione di foto e video, mi sono trovata a ragionare su uno dei miei temi preferiti: l’unicità del vero talento, la grande libertà della creatività, la solitudine – a volte – del genio. Ammetto di non essere mai stata una fan scatenata di David Bowie, avevo 3 anni quando ha scritto la straordinaria “Space Oddity” e non ho un amore particolarmente spiccato per il rock sperimentale, ma ovviamente di lui mi ha sempre affascinato il personaggio, lo straordinario magnetismo, l’avanguardia totale.

Ciò non toglie, che i suoi più grandi successi li conosco bene e trovo siano spesso accumunati da una vena di struggente malinconia che è poi quella così British di David. Risentire le note di “Absolute Beginners” mi ha aperto un mondo di sensazioni, che erano lì chiuse da anni. Se nasci “diverso” per intelligenza, sensibilità, curiosità come fai a non vivere spesso quella condizione di disagio, che ti porta a isolarti, perché quello che cerchi tu, per gli altri è incomprensibile, quello che vuoi tu, per gli altri è follia? E così per reazione, provochi, ti travesti, vai oltre i tabù, sperimenti.

David è stato fortunato. Il successo è arrivato subito. Il pubblico e la critica non hanno faticato a intuire la sua genialità. Certo, nascere in Inghilterra per uno che fa musica e spettacolo in generale, è un bel vantaggio. Ha collaborato con i più grandi del suo tempo, da Mick Jagger a Freddy Mercury, ha spaziato dalla musica al cinema, dalla pittura alla moda e ieri tutti i  potenti della Terra lo hanno ricordato e salutato con ammirazione e affetto profondi. Persino il Cardinale Gianfranco Ravasi lo ha citato su Twitter, con le parole di “Space Oddity” , passando oltre le follie e le sregolatezze della vita dell’artista.

David ha conosciuto anche il grande amore, quello per la bellissima modella somala, Iman Abdulmajid, che è durato 24 anni, fino a due giorni fa. Anche nei sentimenti, Bowie non si è fatto mancare niente. Nel 1972 in una scandalosa intervista per “Melody Maker” affermava di essere gay. Nel 1976 su “Playboy” dichiarava di essere bisessuale, mentre negli anni ’80 a più riprese ha ritrattato queste dichiarazioni, affermando infine di non essersi mai sentito un vero bisessuale, ma di essere stato magnetizzato dalla scena gay underground, pur non essendo gay. Va beh, poco importa, alla fine ha trovato la partner ideale per lui, una donna dalla pelle ebano, così in contrasto con la sua bianchissima, una donna dalla bellezza abbagliante, così perfetta per la sua indole da esteta, una donna profondamente innamorata di lui, con cui è stato molto felice.

David aveva promesso: “Canterò fino alle fine”. La malattia gli ha dato 18 mesi per preparare la sua uscita di scena. Il suo ultimo album, “Black Star”, è uscito due giorni prima della sua morte e le immagini del video “Lazarus” fanno venire la pelle d’oca. Lui lo sapeva che con quel lavoro ci avrebbe salutato e sembra aver deciso di farlo con grande determinazione, con la sua abituale teatralità, ma senza tristezza.

Tutti dicono che è tornato nel mondo delle stelle, da cui è arrivato. E’ meraviglioso sapere che chiunque si occuperà di musica da qui all’eternità, lo incontrerà sulla sua strada.

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