Mobbing dopo la maternità: la dura realtà

mamma al lavoro
Mamma al lavoro

Leggevo ieri sera un articolo dell’Espresso sul mobbing dopo la maternità ed è veramente una situazione allucinante. Pare che ogni anno siano circa mezzo milione le donne che subiscono una forma di mobbing dopo essere tornate al lavoro dalla maternità. E negli ultimi 5 anni i casi di mobbing dopo la maternità sono aumentati del 30%.

Donne che molto spesso vengono messe in una situazione tale da spingerle a licenziarsi (perché ovviamente un’azienda non può licenziare una donna incinta o una donna appena rientrata dalla maternità obbligatoria). Donne a cui non viene rinnovato il contratto di collaborazione, perché ufficialmente il loro ruolo non serve più (quando magari c’è già pronto qualcuno a sostituirle). Donne che rientrano al lavoro e si vedono affidare compiti inferiori a quello che è il loro livello di preparazione. Donne che si trovano a dover svolgere nuove mansioni o che si vedono sostituite da altre persone nelle mansioni che svolgevano prima della maternità. Donne che vedono distrutta qualsiasi possibilità di carriera.

E quale sarebbe il loro unico errore? Aver deciso di diventare madri e di non dedicarsi solo al lavoro!

Non tutte hanno la fortuna di lavorare in un’azienda seria, che non ti penalizza se decidi di avere dei figli. O che magari ti fa un contratto più stabile nel momento in cui annunci di aspettare un bambino.

Sono sempre di più le donne che al rientro al lavoro trovano un ambiente a loro ostile. E non tutte riescono ad imporsi e a far rispettare i propri diritti. Molto spesso, alla fine, cedono e si licenziano. Ma ci sono anche le donne che invece fanno causa all’azienda per mobbing, anche se non è sempre semplice provarlo.

A volte l’ambiente ostile inizia nel momento stesso in cui si annuncia una gravidanza. Datori di lavoro che iniziano ad ignorare le proprie dipendenti in attesa. Datori di lavoro che rispondono all’annuncio della gravidanza dicendo “Non è che ora ti metterai in maternità anticipata?“. Come se una donna si svegliasse la mattina e decidesse che vuole andare in maternità anticipata! Non è che se una ci va è perché ha una gravidanza a rischio oppure perché il lavoro che svolge è considerato pericoloso… è solo per fare un dispetto al datore di lavoro. Datori di lavoro che subito dopo il parto già chiedono quando si pensa di rientrare al lavoro.

Per non parlare poi delle libere professioniste e delle donne che non hanno un contratto ma lavorano a Partita Iva. E che se non lavorano non guadagnano. O dei datori di lavoro che fanno colloqui chiedendo se si vogliono avere bambini o che, se scoprono che una donna si è appena sposata, preferiscono escluderla a priori dalle selezioni.

Sono ancora veramente troppi i casi di donne discriminate solo perché vogliono realizzare anche il loro desiderio di maternità. E troppo poche le aziende disposte a sostenerti in questa scelta (per fortuna alcune ci sono però!).

Ma il quadro generale è comunque veramente triste. Le madri vengono considerate “meno produttive” e relegate a ruoli marginali. Ma si può?

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