Il club delle lettrici compulsive

Scusa se ti chiamo stronzo – Mirko Spelta

Scusa se ti chiamo stronzo Book Cover Scusa se ti chiamo stronzo
Mirko Spelta
Piemme
2017
Digitale - Cartaceo
209

Quanti stronzi avete conosciuto nella vostra vita? Tanti quanti i fili d'erba nei prati, no? "Tutti io li trovo" è la frase tipica che lo conferma: statisticamente i maschi stronzi sono molti di più di quelli "buoni". Vero? Falso! O meglio tutte e due le cose. È vero che spesso gli uomini si meritano questo giudizio, ma la verità è che l'uomo stronzo di per sé non esiste. Però ognuno di loro può esserlo, e tanto più lo è quanto meno gli piacete. Quando non vi richiama, quando vi fa aspettare, quando vi ignora non è per tenervi sulle spine o perché "vuole dirvi qualcosa". È proprio che non gli interessate. I maschi sono creature semplici, se fossero una collezione di moda sarebbero quella basic. La natura ha dotato le donne della complessità, delle capacità strategiche utili a farsi desiderare, dell'intuito. Quando li distribuivano, gli uomini erano da un'altra parte. Eppure ci sono molte cose dell'uomo che la donna non può capire, nemmeno con il sesto senso acceso. Verità scomode da accettare, ma tanto utili da sapere. Solo un uomo può svelare quello che frulla nella mente di un suo simile, i (pochi) pilastri che reggono le sue scelte e le sue decisioni in fatto d'amore. Questo libro è una miniera d'oro per entrare nella testa dell'esemplare che vi piace, per conquistarlo e per tenervelo. Il mondo è pieno di uomini interessanti e disposti ad amarvi, a capirvi e persino, entro i limiti delle loro possibilità, ad ascoltarvi. E a condividere la maggior parte della vita con voi. Basta conoscere le verità del loro funzionamento, per quanto scomode siano.

Care amiche, chissà quanti uomini avete incontrato nella vostra vita, a scuola, sul lavoro, in palestra, che davanti a una semplice domanda, tipo: «Scusa, sai dirmi che ora è?», vi hanno risposto «Sono le tette… scusa, le sette», fissandovi il décolleté; oppure: «Hai preparato la presentazione per domani?» «No, ieri sera c’era un interessantissimo documentario su Porn Hub… ehm… scusa, volevo dire History Channel. E dopo sono crollato per la stanchezza», strizzandovi l’occhio e ridacchiando.

Se siete sempre rimaste interdette davanti a queste risposta, la soluzione è semplice: avete incontrato un Homo Mircuspeltus. E se volete riconoscerlo, capirlo, evitarlo, questo è il libro che fa per voi.

E lo è anche se avete sempre temuto di ritrovarvi un uomo così nella vostra vita, a causa di uno di quegli errori di valutazione che purtroppo anche noi ogni tanto commettiamo. Uno di quegli uomini che prima vi affascinano, perché hanno la consulenza di madri, sorelle, amiche, zie, cugine, ma che poi vi ritrovate in casa come complemento di arredo e che cercate di vestire in tono col divano e la lampada della nonna, perché almeno, se arriva qualcuno all’improvviso, potete sempre farlo passare per una installazione d’arte moderna.
Uno di quelli che ogni tanto lanciano un urlo belluino (di solito: GOL!), che, da un lato, vi fa prendere un colpo, ma dall’altro vi tranquillizza, perché avete conferma che ha avuto una reazione vitale e quindi non è rimasto secco sul divano mentre voi eravate al lavoro.

Certo, è possibile che sia proprio un Homo Mircuspeltus quello che voi volete. E allora questo libro fa ancora di più per voi, perché vi mostra come incontrarlo, tenerlo, conquistarlo. Sì, lo so, sono duecento pagine ripetitive, perché il metodo alla fine è uno solo.
Parafrasando una grande opera letteraria, si potrebbe sintetizzare in “Una quarta per domarli, una quarta per trovarli, una quarta per ghermirli e nel buio incatenarli”.
No, tranquille, non hanno bisogno d’altro. Nemmeno di quella cosa a cui voialtre maliziose state certamente pensando. Quella può servire nei primi tempi, ma a lungo andare le preferiranno il piede di Totti. Fidatevi.

L’Homo Mircuspeltus in realtà è noto, non solo in ambito socio-antropologico (ci aveva già provato John Gray con Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, con risultati decisamente migliori, anche se non è un testo che io ami particolarmente), ma anche in ambito letterario.
Uno dei topos più affermati è sicuramente da identificarsi con il Principe Azzurro di Cenerentola, il quale dopo aver passato un’intera serata con lei, non si ricorda più nemmeno che faccia abbia, tanto da aver bisogno, per trovarla, del mezzuccio di provare la scarpetta a tutte le fanciulle del Regno. No, non credo che il principe fosse feticista; era solo costituzionalmente incapace di connettere mentalmente l’immagine di donna con trucco e parrucco da sera e della stessa donna in outfit da mattina. Dite che se Cenerentola avesse tenuto lo stesso vestito l’avrebbe riconosciuta? No anche qui. L’Homo Mircuspeltus ha una conoscenza basica degli abiti: distingue la minigonna dal pantalone attillato, ma il resto è tutto uguale.

Un altro grande esempio letterario è il Cristiano di Rostand: «Perché io son di quelli — lo so… e me ne affanno — che san fare all’amore, ma parlar non ne sanno», che quando prova a fare a meno di Cyrano fa danni inenarrabili, finché Rossana esasperata gli dice: «Io volea della crema, voi mi offrite un brodetto!». Cristiano alla fine si tradisce e rivela il suo essere un Homo Mircuspeltus, perché:

ROSSANA
Dite: come mi amate?….
CRISTIANO
Ma… molto. Ve l’ho detto.
ROSSANA
Oibò?… Districate, districate la traccia dei vostri sentimenti!
CRISTIANO
Stringer nelle mie braccia il tuo sen!
ROSSANA
Cristiano!
ROSSANA (seccamente)
Sciocco, sciocco del tutto! E ciò mi spiace come se diventaste brutto.

Insomma, amiche mie, l’Homo Mircuspeltus è tra noi. È tra i nostri parenti, tra i nostri amici, tra i nostri colleghi. Non possiamo più far finta di niente. E solo leggendo questo libro avrete tutte le informazioni necessarie per riconoscerlo e, ovviamente, per evitarlo.

NB: La compulsiva per un giorno che mi ha spedito questa recensione mi ha chiesto di rimanere anonima. Rispettiamo questa sua decisione e la ringraziamo di cuore. Personalmente, condivido ogni virgola.
Sara M.

Resta connesso. Segui la nostra pagina Facebook e iscriviti alla newsletter, in modo da non perderti nemmeno una novità.

 

Pubblicato da Sara Emme

Sono Sara e sono una lettrice compulsiva. Ho vissuto in Cina dal 2009 al 2017. Oltre ai libri, amo i viaggi, la fotografia, i gatti e la buona cucina. Appassionata di Harry Potter e del magico mondo creato dalla Rowling, passo la vita trascinando il mio povero marito (sant'uomo!) per i parchi a tema sparsi per il mondo.

22 Risposte a “Scusa se ti chiamo stronzo – Mirko Spelta”

  1. Di pochezza in pochezza. Purtroppo non basta leggere ma bisogna capire. Nella vita ci vuole coraggio ma a quanto pare è merce rara invece l’anonimato… Brava Anonima le decelebrate ci hanno invaso e grazie a te l’abbiamo capito

     
    1. Che poi scrivere (cito) ” Purtroppo non basta leggere ma bisogna capire. Nella vita ci vuole coraggio ma a quanto pare è merce rara invece l’anonimato… Brava Anonima le decerebrate ci hanno invaso e grazie a te l’abbiamo capito” e firmarsi “Anonima veneziana” è surreale e anche un po’ ridicolo

       
      1. Mi scuso per il refuso di battitura. Veramente chi ha recensito ha offeso per prima e se il soggetto in questione lascia l’anonimato io farò altrettanto.
        Comunque sempre DecereBrata resta.

         
        1. Ma perché dire la propria significa offendere? sono molto più offensivi questi commenti mirati contro una persona di una recensione che si può non condividere ok ma che non tocca nessuno in particolare.
          Tu puoi lasciare tutto l’anonimato che vuoi,ci mancherebbe, ma criticare chi fa altrettanto è assolutamente esilarante.

           
  2. Capisco perché la lettrice voglia rimanere anonima, vista la carrellata di banalità e luoghi comuni con cui viene recensito un libro probabilmente nemmeno letto. Se il giudizio lo avesse dato una creatura mononeuronale potrei anche capirlo, ma da una donna mi aspetto un pizzico di onesta’ intellettuale. Io trovo che il Libro sia ironico e divertente che offra in modo simpatico e brillante degli spunti di riflessione sul difficile rapporto uomo/donna. Leggete, capite e poi giudicate, pardon.. Commentate.

     
  3. “Scusa se ti chiamo stronzo “.
    Scritto da un uomo che si è messo nei panni delle donne. Vi sembra poco? Anche solo per avere avuto l’idea di farlo, è da prendere. Per averlo scritto senza tralasciare nulla, è da leggere!

     
    1. In realtà non si mette affatto nei panni delle donne, ma dispensa consigli di dubbio gusto su come tenersi un uomo, incollandosi i tacchi ai piedi e facendosi trovare sempre perfette.
      Se è questo il modello di donna che volete essere o di uomo che volete, allora sì, fatene una bibbia.
      Sinceramente, io preferisco avere accanto una persona diversa perché non è con i mezzucci che ci “si tiene” un uomo.

       
  4. Io penso che a questo mondo ci sia troppo poca ironia, e di conseguenza apertura mentale, e troppo poco coraggio sentimentale. Credo che il libro, in sostanza, voglia farci capire anche questo.
    Utilizzando “modi leggeri” si arriva prima alle persone, a tutte, e questo può dar fastidio, un po’ come danno fastidio le verità scomode. L’autore parla sempre in generale, specifica più volte che non tutti e tutte sono così, però sfido chiunque a non essersi ritrovato almeno in una cosa descritta.
    Credo anche che per capire problematiche profonde ed importanti sia necessario partire “alla leggera”, un po’ come tutte le scoperte scientifiche fatte “per caso”. Avendo un figlio DSA, ho cambiato il modo di approcciarmi alle cose, per riuscire a spiegarle a lui…. beh, si apre un mondo nuovo se si prova a guardare da un altro punto di vista che non è il proprio. Io consiglio di leggerlo, anche se siete donne con la mente maschile, come me. Per sfida, per curiosità (che è il motore del sapere), per passione, per cambiamento, per ridere, per confrontarsi, per cambiare idea (che vedo come forma di intelligenza), per un sacco di motivi che magari non vi sareste mai aspettate… e consiglio di leggerlo anche agli uomini, per confermare, per replicare, per leggerlo con la propria donna e ridere dei propri difetti, insieme…
    A me chi critica piace poco, perchè è la via più semplice per non mettersi in gioco

    PAOLA

     
    1. Bellissimo uso dell’ironia, mi piace trovare recensioni che non siano fatte in serie. Brava anonima. Per chi dice che l’autore si è messo nei panni delle donne, consiglio di leggerlo, il libro, prima. Al limite si è messo nei panni delle donne viste con gli occhi dei tanti autori di femminicidi: donna oggetto, senza diritto di replica.

       
  5. Consiglio di organizzare un bel Tuppersex e poi, solo poi, rileggere il libro.
    Io ho trovato il libro divertente, pungente e molto ironico.
    La parte dove omaggia le donne veramente piacevole.
    Attendo la seconda fatica letteraria .

     
  6. Ma invece di offendere perché non rispondete punto per punto, ovviamente argomentando, alla recensione di anonima ? Solo così può uscire un sano dibattito e ognuno può esporre le proprie tesi. C’è chi ci è riuscito anche qui!
    Siamo tutti capaci a offendere,è anche un modo per “vincere facile”!

     
  7. Salve, truppe cammellate e scusate il ritardo, ma purtroppo anche le povere Anonime devono portare a casa la pagnotta. Adesso, però, sono qui, a vostra disposizione, per rispondere alle critiche argomentate se ce ne saranno (grazie, Giunone) e soprattutto per stringere la mano a «Mirella ma visto che è di moda anche “Anonima”», che mi ha strappato una gran risata (batti cinque, Mirella!)
    Intanto mi rivolgo all’Anonima che critica l’anonimato (che meraviglioso calembour! A proposito: «Anonima Veneziana» ha un suo perché, all’interno di un blog di libri, ma «From Venice» fa crollare a picco ogni buona intenzione). Anonima, no, dai, non correggere il refuso! Non ci crederai, ma il povero T9, eterno e unico colpevole di reati che vanno da pultroppo a qual’è (chiedo il massimo della pena, Vostro Onore!), stavolta ci aveva preso! La mia intenzione era proprio quella di de-celebrare. Ma anche di de-ritualizzare, de-mitizzare, de-contestualizzare (sì, d’accordo, anche di de-ridere, ma questa è un’altra storia). De-celebrare, ossia (aspettate, prendo fiato): voler scardinare una liturgia, ormai desueta e abbondantemente superata, in cui un’infinita litania di difetti, enumerata gigioneggiando, culmina nell’epifania di una mascolinità ostentata in quanto tale.
    E tanto basta. Non per niente la mia bisnonna lanciava un tombale: «L’omo è omo!», quando qualcuna delle donne di casa osava lamentarsi del marito.
    Per il resto, mi avete dato della frustrata (anche sessualmente), della disonesta intellettuale, della decelebr… scusate, volevo dire decerebrata, e mi avete perfino detto che sono stata offensiva. Bene, se degli altri aggettivi mi importa poco, perché ho un’alta stima della mia intelligenza, del mio senso dell’umorismo e della mia dialettica (no, la modestia non è mai stata il mio forte, lo confesso), l’ultimo invece non lo accetto.
    Vorrei che la quasi Anonima From Venice mi spiegasse esattamente e con dovizia di argomentazioni dove e con quali parole sarei stata offensiva. Qualora l’accusa dovesse risultare fondata, stia tranquilla: me ne scuserò.
    Per il resto, ragazze mie, ho letto i vostri commenti, rimanendo sempre più basita. Qui, più che a truppe cammellate, siamo di fronte ad Annibale con gli elefanti! Nessuna di voi ha notato che in quello scritto (recensione mi pare eccessivo) e nel mio piccolo (anzi, nel mio minimo) volevo rievocare nel registro, nel tono, nell’ironia, nelle strizzate d’occhio ai difetti dell’altro sesso, con cui bene o male ci si ritrova a dover convivere e sopportare, proprio il libro da voi tanto amato. L’idea era quella di una rilettura, ma sul fronte opposto, proprio per far notare quanto il sessismo fosse in agguato.
    «Utilizzando “modi leggeri” si arriva prima alle persone, a tutte, e questo può dar fastidio, un po’ come danno fastidio le verità scomode. L’autore parla sempre in generale, specifica più volte che non tutti e tutte sono così, però sfido chiunque a non essersi ritrovato almeno in una cosa descritta», dice Paola. Ma credo che questa frase possa attribuirsi anche al mio miserrimo commento, anche se so che non lo ammetterete mai. A proposito, Paola, non tanto secondo me, quanto secondo un bel po’ di grandi filosofi e pensatori, le cose sono esattamente al contrario di quanto affermi nella tua frase di chiusura: solo la critica consente di mettersi in gioco; diversamente è accettazione passiva, è inerzia; essere critici è molto più difficile che essere quiescenti.
    E così amate questo libro: bene, sono contenta per voi. Vorrei solo dirvi che, mentre voi ritenete si omaggino le donne, io invece ritengo che le si sminuisca. Un po’ come quando qualcuno fischia e commenta al passaggio di una bella ragazza: per uno che può ritenerlo un gesto di apprezzamento, ce ne può essere un altro che lo ritiene una molestia. È superfluo dire che per me è una molestia, ma non posso certamente imporre al mondo il mio punto di vista. Ora, e so che vi sembrerà strano, io ritengo che questo libro sminuisca ancora di più gli uomini. Se la maggior parte (ho detto la maggior parte, non alteratevi!) degli uomini fossero davvero come l’autore li descrive, beh, saremmo tutti messi male. Molto male.
    Insomma, io credo che sia meglio leggere questo libro per ciò che realmente è: un lavoro umoristico, privo di pretese psico-socio-demo-antropologiche, con quel po’ (bel po’) di sessismo che, se contenuto nei limiti dell’autoironia, può anche andar bene. Come avrete già capito, all’interno di un genere che potremmo chiamare «satira famigliare» io preferisco altri autori e altre letture. Anche in questo caso, il resto del mondo può avere i gusti che vuole, purché mi consenta di mantenere i miei. L’umorismo di Antonio Amurri che, nei suoi libretti (1974, 1976), elencava le diverse tipologie di mogli e mariti, proponendo per ognuna il modo più appropriato e fantasioso di sopprimerli, a mio parere resta (e resterà) inarrivabile. Forse voi siete troppo giovani per conoscerlo, però a me è sembrato che il suo spirito aleggiasse nelle pagine del vostro libro preferito e a tratti mi è sembrato ci fosse una precisa volontà di rendergli omaggio. Sbaglio? Chissà.
    Ora, fanciulle, abbassate gli scudi: non ne vale la pena.
    Ricordate: una risata vi seppellirà, diceva qualcuno. E più la risata sarà fragorosa, più profonda sarà la fossa. Chi vuol intendere, intenda.

     
  8. Qualcuno non ha capito lo sforzo addirittura di un uomo, che entra nelle nostre abitudini, che osserva e spiega perché a volte certi legami sentimentali non funzionano. È uno sforzo che fatto da un uomo io apprezzo perché raro. Descrive, secondo una visione maschile, perché alcune donne sbagliano.
    Maschilismo? Autori di femminicidio? donna oggetto? Accidenti ma cosa avete letto???
    Tutto questo perché parla di sesso? Su via! Quante di voi non ha mai detto la frase ” lui pensa solo a portarmi a letto!” E ora che c’è una versione maschile perché non provare a capirla?
    Uomini e donne sono differenti e spiega come negarlo?

     
    1. Non apprezzare non vuol dire non aver capito. E mi spiace, ma uno che mi consiglia di inchiodarmi i tacchi ai piedi e critica come le donne sono vestite in metropolitana (nemmeno fosse un locale notturno dove si va per cuccare, dai!) non solo non lo apprezzo, ma lo evito come la peste.
      Se avete guardato le altre recensioni del blog, si capisce bene che non siamo un branco di bigotte frustrate. Semplicemente, questo libro non è piaciuto perché sessista. E infatti, la recensione scritta dal punto di vista femminile con lo stesso identico tono, ha suscitato questo genere di commenti: frustrate, decerebrate, bisognose di un vibratore ed altre piacevolezze.
      A questo punto mi chiedo: l’ironia va bene solo se non tocca qualcosa che vi piace?
      Perché la nostra lettrice non ha insultato nessuno, ma qui si sprecano invece gli insulti indirizzati a lei e a noi. (Sappiate che ulteriori commenti volgari non verranno approvati)

       
    2. Cara Laura,
      “lo sforzo addirittura di un uomo”, per di più raro, dici? Certo che hai una visione degli uomini estremamente pessimistica e anche fortemente sessista! Poveri uomini…
      Il punto è che non descrive secondo una visione maschile il motivo per cui alcune donne sbagliano (sbagliato essere se stesse?) nei comportamenti; più semplicemente descrive una più o meno utopistica visione maschile, eternamente ancorata a una fase tra l’infantile e l’adolescenziale, del come si vorrebbe che fossero le donne. E assecondando questa visione c’è la possibilità di radicalizzarla, convincendoli che sia l’unica e la vera e spiazzandoli, come bambini a cui all’improvviso viene tolto il giocattolo, quando a un certo punto ritorniamo a essere quello che siamo. Ora, se qualcuno di loro con fatica riesce a farsene una ragione, altri si sentono traditi, offesi, messi in pericolo. E puniscono. Perché dobbiamo assecondare questa visione, che sappiamo bene nei suoi eccessi a cosa può portare?
      A parte tutto, tu credi davvero che noi donne non sappiamo benissimo quali siano le strategie da adottare quando vogliamo portarci un uomo a letto? Pensi che abbiamo bisogno che ce lo dica un uomo? Però sappiamo anche benissimo che tipo di uomo “non” vogliamo (o, se preferisci, il tipo d’uomo che IO non vorrei mai accanto a me per tentare di costruire qualcosa) una volta che l’alba è arrivata e ci siamo rivestite: esattamente l’uomo che viene fuori da queste pagine.
      Pensaci…

       
  9. Dedicato alle donne che non smettono di avere il coraggio di innamorarsi, che qualsiasi cosa succeda continuano a dare tutto, a quelle che preparano ancora la cena pensando a noi e, se le guardi bene, da vicino, quel mezzo sorriso lo puoi quasi vedere.
    A quelle che la mattina mettono le nostre camicie, magliette, pigiami, per continuare a sentirci addosso.
    A tutte quelle che ci credono ancora, nonostante le delusioni e i limiti della natura maschile, per scelta, per vocazione, per istinto, perché in qualche parte dell’anima sanno che è giusto così.
    E hanno ragione.
    A quelle che si vestono, si pettinano e si truccano anche quando stanno a casa, solo per noi.
    Alle sognatrici, che piangono e che tremano, che vivono con noi e di noi. Alle realiste, che restano costi quel che costi.
    A coloro che perdonano e che, quasi sempre, non meritiamo.
    A quelle a cui non bastiamo mai.
    A quelle che magari non capiscono e soffrono, ma accet6
    tano. Ma anche a quelle che non giocano, non fingono e non recitano.
    Alle donne che non sono capaci di nascondere quello che provano e affanculo tutto.
    A quelle che amano, che sbagliano, ma continuano ad amare.
    Questo libro è per tutte voi, perché più passano gli anni e più mi convinco che senza di voi, semplicemente, la vita non merita di essere vissuta.
    Grazie.
    Mirko

     
  10. Dedicato agli uomini che hanno il coraggio di dire agli amici che quella sera non escono perché preferiscono restare con la loro compagna, a quelli che quando lei torna a casa stanca dal lavoro, le fanno trovare la cena pronta, a quelli che sanno qual è il cassetto delle camicie e quello dei calzini e non devono chiedere aiuto per trovare un paio di mutande.
    A quelli che al mattino non lasciano in giro camicie, magliette, pigiami con addosso il loro odore, ma li ripongono ordinatamente nel cesto della biancheria sporca.
    A tutti quelli che non mentono e non deludono, a quelli che non si trincerano dietro alla scusa dell’istinto per fare i propri comodi, perché sanno che chi lo fa viene mollato in malo modo e in qualche parte dell’anima sa che è giusto così.
    Anche se non lo ammetterà mai.
    A quelli che non girano per casa in mutande e canottiera e non si stravaccano sul divano, pretendendo di essere serviti e riveriti. A quelli che capiscono che una donna che arriva alla fine di una giornata di lavoro, sia in casa che fuori casa, non ha nessuna voglia di stare in equilibrio sul tacco 12, esattamente come loro, che alla sera hanno solo voglia di sbottonare il colletto della camicia e allentare la cravatta.
    A quelli a cui dispiace che una donna non possa vestirsi come le pare e solo per piacere a se stessa, perché non è detto che se indossa una ballerina è sciatta e se indossa un tacco 12 vuole essere sensuale (anche se, per molti, che indossi un jeans o una minigonna, vuole sempre e solo rimorchiare e se viene molestata se l’è cercata, che se esce dopo una certa ora se l’è cercata, se va in giro da sola se l’è cercata e se beve una birra se l’è cercata).
    A quelli che non sognano una donna che viva con loro e di loro, perché di mamma ce n’è una sola; a quelli che scelgono donne concrete con cui costruire assieme un futuro, ben sapendo che resteranno, ma non a tutti i costi, perché non si faranno mai sopraffare e distruggere.
    A quelli che sanno chiedere scusa, perché sbagliare è umano, e per questo saranno perdonati, ma che sanno anche che se persevereranno nell’errore saranno abbandonati. Perché una donna potrà essere innamorata, ma non è scema.
    Ma soprattutto dedicato a quelli che amano la propria donna, che abbia il tacco 12 o che stia a piedi nudi, che indossi una tuta o una minigonna, che pianga, che rida, che sia di malumore, che sia vera e se stessa sempre; a quelli che la vedono sempre bellissima, anche con una ruga, qualche capello bianco, o un po’ di chili in più; a quelli che capiscono i suoi silenzi e le sue emozioni e riescono a esserne partecipi. A quelli che vogliono instaurare un rapporto di uguaglianza, di verità in tutto e per tutto. A quelli che mai, mai, mai, approfitterebbero della loro maggiore forza fisica per sopraffarla, a quelli che mai, mai, mai le imporrebbero un rapporto di sudditanza.
    A quelli che non vogliono una geisha, ma una donna. Vera.

     

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.