La ragazza dello Sputnik – Murakami Haruki

Sumire, aspirante scrittrice di ventidue anni, sembra la classica nerd: “romantica, testarda e cinica, completamente inesperta della vita e del mondo”, ha una passione per Kerouac, le giacche troppo grandi e i calzini spaiati. Fumatrice accanita e magrissima, dotata di un forte senso dell’umorismo, “anche quando era di buon umore aveva un modo di parlare come se volesse fare a botte”. A un banchetto di nozze conosce Myū, quarantenne appassionata di vini e di musica classica, e se ne innamora perdutamente. La vita di Myū è segnata da un evento traumatico vissuto quando era una giovane donna e studiava pianoforte in Svizzera, che l’aveva resa incapace di amare chiunque.

A raccontare la storia è un narratore senza nome, il giovane maestro di scuola amico di Sumire, a cui lo lega una profonda intesa spirituale e che la ama non ricambiato. Myū propone a Sumire di diventare la sua segretaria e le due donne partono per un viaggio di lavoro che le porta a soggiornare in Italia, in Francia e infine a Rodi, dove si concedono una vacanza rilassante. Qui Sumire scompare e Myū è costretta a chiedere l’aiuto del narratore, che la raggiunge sull’isola greca.

Dov’è finita Sumire e perché le nostre vite finiscono per assomigliare a dei satelliti che girano intorno senza incontrarsi mai?

La citazione:

“Capii ancora una volta fino a che punto Sumire fosse per me una persona importante e insostituibile. Con quel suo modo di fare unico, mi teneva legato al mondo. Quando la incontravo e parlavo con lei, o quando leggevo le cose che scriveva, la mia coscienza silenziosamente si espandeva, e riuscivo a vedere paesaggi che non avevo mai visto. In modo del tutto naturale, i nostri spiriti si completavano.”

Murakami Haruki, La ragazza dello Sputnik, Einaudi, 2013, 216 pp.